La questione del terzo mandato per i governatori regionali si configura come un nodo cruciale nel dibattito politico italiano, ben al di là di una mera rivendicazione di legittimazione personale. L’emersione della discussione, come evidenziato dall’intervento del presidente dell’Abruzzo, Marco Marsilio, rivela una dinamica più complessa che coinvolge equilibri di potere interni al centro-destra e interrogativi fondamentali sulla rappresentatività e la stabilità del governo regionale.Marsilio, con una lucidità che trascende la difesa del proprio interesse personale, solleva un punto essenziale: la potenziale strumentalizzazione della questione del mandato come leva per consolidare posizioni acquisite in un contesto politico mutato. L’attuale revisione, innescata a pochi mesi dalla scadenza dei governi in carica, rischia di offuscare la vera sostanza del dibattito, ovvero la necessità di una riflessione organica e non opportunistica.La rivendicazione di spazio da parte della classe dirigente di Fratelli d’Italia al Nord, pur legittima in termini di aspirazioni politiche, deve essere inquadrata in un quadro più ampio. La richiesta di una discussione uniforme sul limite dei mandati in tutte le regioni, contrappone l’attuale disparità di trattamento che vede le regioni a statuto ordinario penalizzate dal ridimensionamento degli organi di rappresentanza (consiglieri e assessori), un aspetto spesso trascurato nel dibattito pubblico.La peculiarità di territori con minoranze linguistiche o con caratteristiche insulari impone una riflessione più articolata, che tenga conto delle specificità locali e che non riduca la questione a un semplice conteggio di mandati. Imporre un modello univoco, a prescindere dalle esigenze di rappresentanza e dalla complessità socio-politica del territorio, rischia di generare ulteriori diseguaglianze e di compromettere l’efficacia dell’azione amministrativa.L’obiezione sollevata a proposito del timing dell’avvio della discussione, rivolta al presidente Fugatti, evidenzia un rischio intrinseco: la percezione di un interesse personale che mina la credibilità del dibattito stesso. La tempestività dell’avvio della discussione, quando si è ormai prossimi alla scadenza del mandato, alimenta sospetti e offusca la ricerca del bene comune.È innegabile che esistano argomentazioni valide a sostegno di posizioni divergenti: da un lato, la preoccupazione legittima di evitare la concentrazione eccessiva di potere e la creazione di “centri di potere” incontrollati; dall’altro, il diritto di continuare un’esperienza amministrativa positiva, senza essere penalizzati da limiti temporali arbitrari. Tuttavia, nessuna di queste posizioni, presa isolatamente, può esaurire la complessità del problema.La speranza di una soluzione condivisa, frutto di una riflessione nazionale serena e priva di pregiudizi, si fonda sulla consapevolezza che la stabilità politica e l’efficacia dell’azione amministrativa dipendono dalla capacità di superare le divisioni ideologiche e di perseguire il bene comune. Una discussione aperta e inclusiva, che coinvolga tutte le forze politiche e la società civile, è il presupposto necessario per raggiungere una sintesi che tenga conto delle esigenze di tutti e che rafforzi la democrazia regionale. La vera sfida è trasformare un’apparente contesa di posizioni in un’opportunità per rinnovare il patto tra cittadini e istituzioni.
Terzo mandato: la sfida per le Regioni tra potere e rappresentanza.
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