venerdì, 6 Giugno 2025
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Martina Carbonaro: Un grido di dolore e una richiesta di giustizia.

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Oggi, il silenzio gravido di dolore che avvolge Afragola e si estende a Napoli intera, non è un semplice lutto cittadino, ma un grido collettivo di sgomento e una chiamata urgente alla riflessione. Davanti alla giovane vita spezzata di Martina Carbonaro, ci troviamo investiti da una responsabilità che va ben oltre il cordoglio immediato: quella di decifrare un tragico evento come campanello d’allarme per una società che fatica a comprendere e a contrastare le derive distruttive dell’amore mal interpretato. L’omelia del cardinale Mimmo Battaglia, un fiume di parole colme di umanità e di profonda tristezza, ha offerto una chiave di lettura essenziale. Non si è limitato a condannare l’atto violento, ma ha affrontato il nodo cruciale di una cultura relazionale confusa, dove l’affetto viene distorto in possesso, controllo e dipendenza. L’amore, nella sua essenza più pura, è un catalizzatore di libertà, un vento propulsivo che incoraggia la crescita individuale, non una catena che imprigiona e soffoca. La sofferenza che deriva da una relazione non è amore, ma una manifestazione di squilibri di potere, di manipolazione e di abuso emotivo. Annullarsi per amore significa negare la propria identità, rinunciare ai propri sogni, sacrificare la propria dignità sull’altare di un’illusione. E quando questo affetto, distorto e deviato, sfocia nella violenza, non si tratta più di amore, ma di un atto criminale, un’aberrazione che non può e non deve essere minimizzata o giustificata.La partecipazione commossa alla cerimonia funebre, con la folla gremita nella chiesa e l’affluenza numerosa all’esterno, testimonia l’indignazione e il dolore di un’intera comunità. Il gesto della Presidente del Consiglio, con l’invio di una corona di fiori, è un segnale di riconoscimento e di vicinanza. La proclamazione del lutto cittadino e l’implementazione di un piano antitraffico denotano la gravità dell’evento e la necessità di onorare la memoria di Martina con gesti concreti.L’applauso che ha accolto il carro funebre, le grida disperate di donne, l’invettiva contro Alessio, l’accoglienza del sindaco, le richieste di giustizia che si sono levate durante il corteo, sono espressioni di un dolore profondo e di una rabbia legittima. Ma oltre alla giustizia legale, si richiede una giustizia culturale, un cambiamento radicale nel modo in cui concepiamo le relazioni, nell’educazione all’affettività, nella prevenzione della violenza di genere.La presenza dei compagni di scuola, molti dei quali indossano magliette bianche con la foto di Martina e la scritta “Martina vive”, rappresenta un impegno a custodire la sua memoria, a trasformare il suo sacrificio in un monito per le generazioni future. “Martina vive” non è solo un motto, ma un invito all’azione, una promessa di costruire un mondo più giusto, più equo, più rispettoso della dignità umana, dove l’amore sia davvero sinonimo di libertà, crescita e felicità. Un mondo dove nessuna giovane vita venga spezzata da un amore distorto e distruttivo.

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