L’imminente introduzione di dazi statunitensi sul vino italiano, anche in una formulazione moderata (10-20%), rappresenta una crisi potenzialmente devastante, paragonabile per impatto a eventi storici come la tragica vicenda del metanolo negli anni ’80.
L’allarme, espresso dal rinomato produttore di Sagrantino di Montefalco, Marco Caprai, dipinge uno scenario di profonda trasformazione per il settore vitivinicolo nazionale, con conseguenze che si estendono ben oltre l’aspetto puramente economico.
Le ripercussioni più immediate riguardano la superficie vitata.
Si stima una contrazione significativa, che potrebbe raggiungere il 20-30%, costringendo a una revisione radicale delle rese per ettaro.
Questo impatto quantitativo si traduce in una perdita qualitativa di pari rilevanza: la viticoltura, intesa come elemento imprescindibile del paesaggio italiano, custode di saperi ancestrali e pilastro di sviluppo nelle aree interne, rischia di svanire.
Parallelamente, si profilano la perdita di aziende agricole, fonte primaria di occupazione, e la destabilizzazione di un tessuto socio-economico fragile.
Caprai sottolinea l’urgente necessità di interventi europei mirati, attraverso meccanismi di sostegno agli stoccaggi, incentivi per l’eradicazione delle vigne e campagne promozionali strategiche, al fine di mitigare il crollo di valore inevitabile.
Per l’Umbria, regione particolarmente esposta a causa della sua vocazione vitivinicola di eccellenza, la situazione si presenta ancora più critica.
La crisi non si limita a un mero conflitto commerciale.
Essa rivela una profonda vulnerabilità geopolitica dell’Europa, che rischia di perdere il suo ruolo di ponte tra Oriente e Occidente.
L’attuale scenario, segnato dalla guerra in Ucraina, ha già determinato un riallineamento strategico, con la Russia che si orienta verso la Cina.
L’avvento di un’America sotto la presidenza Trump, con la sua politica commerciale aggressiva, rischia ora di attrarre l’Europa nello stesso asse, creando una dipendenza pericolosa.
L’analisi di Caprai solleva interrogativi sulla coerenza delle politiche europee.
La recente decisione di esentare le big tech americane dalle tasse, presentata come un passo verso un accordo commerciale più ampio, appare ora contraddittoria alla luce delle nuove imposizioni doganali statunitensi.
Questa apparente incoerenza suggerisce una mancanza di coordinamento strategico e una sottovalutazione dei rischi derivanti da una subordinazione eccessiva agli interessi americani.
La questione non è solo economica, ma implica una riflessione più ampia sull’autonomia strategica dell’Europa e sulla sua capacità di definire un ruolo indipendente nel panorama globale.
Il rischio è quello di compromettere non solo il futuro del vino italiano, ma anche l’equilibrio geopolitico del continente.