Il tessuto connettivo che lega gli ecosistemi terrestri, forgiato da millenni di interazioni geologiche, biologiche e atmosferiche, è oggi sottoposto a una pressione senza precedenti. Le attività antropiche, amplificate da dinamiche globali come il cambiamento climatico, stanno erodendo questo equilibrio, configurando un futuro entro il 2050 profondamente differente da quello a cui siamo abituati. Questa visione emerge con chiarezza dal 15° Congresso Nazionale sulla Biodiversità, ospitato dall’Università degli Studi di Perugia in collaborazione con l’Accademia delle Scienze della Biodiversità Mediterranea, un evento che propone un’analisi a tutto tondo del tema cruciale della biodiversità.La biodiversità, lungi dall’essere un mero elenco di specie, rappresenta un indicatore di salute planetaria, un barometro della resilienza degli ecosistemi. La situazione attuale, come sottolineato durante l’evento, riflette una condizione di stress, una vulnerabilità accentuata dalla progressiva omogeneizzazione delle pratiche agricole e alimentari. La dipendenza da un ristretto numero di varietà di cereali, legumi e specie animali, frutto di una logica di massimizzazione della produzione a breve termine, ha drasticamente ridotto la diversità genetica e la capacità di adattamento delle colture.Il congresso ha posto l’accento sull’urgente necessità di recuperare conoscenze ancestrali e riscoprire specie vegetali e animali meno diffuse, ma potenzialmente vitali per la sicurezza alimentare e la stabilità degli ecosistemi. La scienza moderna riconosce l’esistenza di circa 30.000 specie vegetali commestibili, delle quali solo una trentina sono sfruttate su scala industriale. Questa drastica riduzione della diversità alimentare rappresenta un rischio concreto in un contesto di cambiamenti climatici imprevedibili e di crescenti pressioni sulle risorse naturali.La tutela della biodiversità non si limita agli ambienti rurali, ma si estende anche agli spazi urbani, dove la presenza di specie arboree autoctone svolge un ruolo cruciale nella regolazione del microclima, nella mitigazione dell’inquinamento e nel miglioramento della qualità della vita. L’amministrazione comunale di Perugia, con la sensibilità dimostrata dall’assessore all’Ambiente, David Grohmann, si sta confrontando con la sfida di gestire le specie invasive, come l’ailanthus altissima, che competono con le specie autoctone, alterando gli equilibri ecologici.Le iniziative concrete intraprese dall’amministrazione perugina, come l’adesione al protocollo “Comuni amici delle api” e la sperimentazione di sfalci differenziati, testimoniano un impegno crescente verso la valorizzazione della biodiversità. L’abbandono di sfalci intensivi in determinate aree, lasciando spazio a una vegetazione spontanea, rappresenta un passo importante per favorire la ricomparsa di specie vegetali e animali che contribuiscono alla funzionalità degli ecosistemi urbani.In conclusione, il congresso di Perugia ha rappresentato un’occasione per riflettere sulla complessità delle sfide che attendono il nostro pianeta e per definire nuove strategie di tutela della biodiversità, basate sulla scienza, sulla conoscenza tradizionale e sulla collaborazione tra istituzioni, comunità locali e cittadini. La resilienza del nostro futuro dipende dalla nostra capacità di agire ora, proteggendo e ripristinando la ricchezza del mondo naturale che ci circonda.