La recente decisione del Ministero dell’Istruzione e del Merito, che ratifica la configurazione delle autonomie scolastiche in Umbria fino al 2026-2027, solleva interrogativi profondi e merita una revisione urgente. La deputata Anna Ascani, con una precisa interrogazione al Ministro Valditara, ha messo in luce una disparità significativa rispetto ad altre regioni italiane, dove si riscontra una maggiore flessibilità e capacità di adattamento alla realtà locale.Il mantenimento di 130 autonomie scolastiche, in assenza di aumenti o adeguamenti in relazione all’effettivo numero di iscritti nella regione, configura un potenziale danno strutturale al sistema educativo umbro. Questa decisione, lungi dall’essere una mera questione amministrativa, incide direttamente sulla qualità dell’offerta formativa e sulle prospettive di crescita degli studenti, con un impatto particolarmente pesante sulle comunità più svantaggiate, spesso situate in aree interne, montane o con scarsa densità abitativa.La reazione della Regione Umbria, pronta a contestare il piano di dimensionamento attraverso i ricorsi amministrativi, è comprensibile, ma insufficiente. La difesa del diritto allo studio non dovrebbe essere relegata a una battaglia territoriale, un gioco a somma zero tra regione e stato centrale. È imperativo che il Ministero dimostri una visione più ampia, orientata a garantire un’istruzione equa e di qualità in ogni angolo del Paese.La rigidità del piano attuale rischia di compromettere l’efficienza delle risorse, limitando la possibilità di sperimentare modelli didattici innovativi e di rispondere alle specifiche esigenze degli studenti. Un sistema scolastico efficiente non è semplicemente un insieme di scuole, ma un ecosistema dinamico che promuove l’inclusione, la personalizzazione dell’apprendimento e la valorizzazione delle identità locali.La decisione di Valditara necessita di essere ripensata alla luce dei principi costituzionali di uguaglianza e di pari opportunità. L’istruzione non è un servizio omogeneo, ma deve essere adattabile alle realtà territoriali, tenendo conto delle peculiarità demografiche, socio-economiche e culturali di ogni comunità. La fissazione a priori di un numero di autonomie, senza una valutazione attenta dei bisogni locali, contrasta con l’obiettivo di un’istruzione inclusiva e personalizzata.Si richiede quindi al Ministero un approccio più dialogico e collaborativo con le regioni, basato su dati concreti e sulla condivisione di responsabilità. Un piano di dimensionamento scolastico non può essere imposto dall’alto, ma deve essere il risultato di un processo partecipativo che coinvolga tutti gli attori del sistema educativo, dalle istituzioni locali alle associazioni di genitori, dai docenti agli studenti. Solo così sarà possibile costruire un futuro migliore per le nuove generazioni, garantendo loro le competenze e le opportunità necessarie per affrontare le sfide del XXI secolo.
Autonomie scolastiche in Umbria: un piano a rischio per gli studenti?
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