La sofferenza che pervade la comunità, e in particolare il mio animo come sorella e cittadina, è innegabile. La recente vicenda riapre ferite profonde, amplificando un dolore che la giustizia, paradossalmente, sembra voler ingigantire. Tuttavia, la mia posizione istituzionale mi impone di analizzare la situazione con rigore, cercando di conciliare l’indignazione personale con il rispetto della legalità.La legge sui collaboratori di giustizia, concepita e promossa da mio fratello Giovanni Falcone, rappresenta un’arma cruciale nella strategia di contrasto alle mafie. Non si trattava di una scelta semplicistica o di un compromesso, bensì di una necessità pragmatica dettata dalla complessità del fenomeno criminale. La lotta alla mafia non può limitarsi alla repressione dei suoi esecutori materiali; richiede, con urgenza, l’accesso alle sue dinamiche interne, alle sue strutture di potere, alle sue logiche di finanziamento.La collaborazione con la giustizia, se gestita con rigore e trasparenza, offre la possibilità di penetrare questi ambienti oscuri, di carpire informazioni vitali, di smantellare reti consolidate. La figura del collaboratore, pur suscitando legittimi interrogativi etici e morali, diventa un tassello imprescindibile in un mosaico investigativo complesso.È innegabile che il percorso di Vito Brusca, e i benefici che ne ha tratto grazie a questa normativa, abbiano contribuito significativamente a smuovere equilibri, a rivelare segreti, a portare alla luce responsabilità precedentemente inaccessibili. Il suo contributo, pur controverso, ha contribuito a depistare Cosa Nostra e a indebolirne la struttura.Tuttavia, è fondamentale riflettere sul delicato equilibrio tra l’efficacia della legge e la percezione di giustizia da parte della società. La collaborazione non deve mai essere percepita come una via d’uscita agevole per chi ha commesso gravi crimini. La necessità di bilanciare l’interesse dello Stato a ottenere informazioni con il diritto alla riparazione delle vittime e il principio di proporzionalità della pena rimane una sfida costante. Il dibattito sulla legge sui collaboratori di giustizia, e sulle sue applicazioni, deve essere costruttivo e aperto, mirando a rafforzare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e a garantire che la giustizia sia percepita come equa e imparziale. Non possiamo permettere che il dolore e la rabbia offuscino la ricerca di soluzioni concrete per combattere la mafia e proteggere la legalità, preservando, al contempo, l’eredità di chi, come mio fratello Giovanni, ha dedicato la propria vita a questo impegno. La sua memoria ci impone un’analisi lucida e priva di pregiudizi, un impegno continuo per un futuro in cui la mafia non abbia più spazio.
Legge Falcone: tra giustizia, dolore e un’eredità complessa.
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