L’epifania artistica sui muri del Memoriale della Shoah, un’installazione realizzata da aleXsandro Palombo in collaborazione con le testimoni Liliana Segre ed Edith Bruck, si è rivelata fugace, svanendo in poche ore. Lungi dall’essere una mera decorazione urbana, l’opera, concepita come un atto di memoria urgente e visceralmente comunicativa, mirava a tradurre in linguaggio visivo l’esperienza traumatica della Shoah, affidandosi all’autorità morale e alla profondità delle parole di due figure imprescindibili.L’intervento di Palombo, noto per la sua capacità di combinare arte digitale e scultura in un dialogo intenso con il contesto urbano, si è proposto di amplificare il messaggio delle testimonianze, liberandole dalla rigidità della parola scritta e proiettandole nello spazio pubblico con una forza impetuosa. L’utilizzo di immagini e grafiche, ispirate alle fotografie d’epoca e ai ricordi condivisi da Segre e Bruck, non si è limitato a illustrare la storia, ma cercava di evocare le emozioni, le paure, la disperazione e la resilienza che hanno caratterizzato l’esperienza della deportazione e della persecuzione.La brevità della permanenza dell’opera, un atto deliberato, ha generato un dibattito significativo. Alcuni l’hanno interpretato come un’espressione di fragilità, un riconoscimento della difficoltà di rappresentare l’indicibile, la tragedia incommensurabile della Shoah. Altri, invece, lo hanno letto come una provocazione volta a stimolare la riflessione, a ricordare la precarietà della memoria e la costante necessità di vigilare contro l’oblio. La sua natura effimera, in contrasto con la durabilità del Memoriale, sottolineava l’importanza di un impegno attivo e continuo nella trasmissione della memoria, un dovere morale che non può essere relegato a monumenti o celebrazioni commemorative.Liliana Segre ed Edith Bruck, con la loro partecipazione, hanno conferito all’opera una risonanza emotiva e storica di inestimabile valore. Le loro parole, filtrate attraverso l’abilità interpretativa di Palombo, hanno assunto una nuova dimensione, raggiungendo un pubblico più vasto e suscitando reazioni intense. L’installazione, pur nella sua breve esistenza, ha rappresentato un tentativo audace di comunicare l’orrore della Shoah in un linguaggio contemporaneo, un’opera che, al di là della sua materialità, ha lasciato un’impronta indelebile nella coscienza collettiva, spingendo a una riflessione più profonda sulla responsabilità individuale e collettiva nella costruzione di un futuro più giusto e rispettoso dei diritti umani. La sua scomparsa non segna una fine, ma un invito a perpetuare il suo messaggio.
Svanita l’arte: l’epifania della Shoah sui muri del Memoriale.
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