Ripercorrere il proprio cammino professionale, con l’acuità del tempo, porta spesso a riflessioni che mutano la prospettiva su scelte apparentemente definitive. Roberto Mancini, figura emblematica del calcio italiano, ha recentemente espresso un profondo rimpianto riguardo alla sua decisione di lasciare l’incarico di Commissario Tecnico della Nazionale Italiana, un capitolo che, a suo dire, avrebbe potuto avere un’evoluzione significativamente diversa.L’esperienza alla guida della selezione saudita, pur rappresentando un’opportunità economica rilevante, non ha saputo compensare la passione e l’orgoglio legati all’allenare la propria nazione. Mancini ha riconosciuto, con onestà disarmante, come una comunicazione insufficiente con il Presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio abbia contribuito a un percorso segnato da incomprensioni e, in ultima analisi, alla sua prematura partenza. Questa ammissione, condivisa durante l’evento “The Coach Experience” a Rimini, rivela una consapevolezza maturata con il distacco, un desiderio di aver coltivato un rapporto più profondo e collaborativo con le istituzioni calcistiche italiane.La prospettiva di allenare la Nazionale, per Mancini, trascende la mera dimensione professionale. Rappresenta la realizzazione di un sogno, l’apice di una carriera dedicata a rappresentare i colori azzurri, un privilegio che culmina nell’esaltante conquista di un titolo europeo. La vittoria nel 2020, frutto di un percorso di riscatto e di un profondo legame con i giocatori, è incisa nella sua memoria come un trionfo collettivo, un momento di pura gioia condivisa con un’intera nazione.L’episodio riguardante il rifiuto di Francesco Acerbi alla convocazione, e il successivo “like” di Luciano Spalletti al post del difensore interista, ha offerto a Mancini l’occasione di esprimere un giudizio pragmatico e distaccato. La sua risposta, concisa e perentoria – “Ma… dico: ci saranno cose più importanti, no?” – suggerisce una visione più ampia, che pone al di sopra delle polemiche individuali l’interesse primario del calcio, la necessità di preservare un clima di rispetto e collaborazione tra i protagonisti del settore. Si percepisce, in queste parole, la maturità di un allenatore che ha imparato a navigare le complessità del mondo del calcio, privilegiando la visione d’insieme e l’importanza di valori come l’armonia e la professionalità. Il rimpianto per l’addio alla Nazionale, pertanto, si accompagna a una riflessione più ampia sul ruolo dell’allenatore e sulla sua capacità di gestire le dinamiche, spesso intricate, che animano il panorama calcistico contemporaneo.