Il caso solleva inquietanti interrogativi sulla tutela della minore e sull’integrazione di fragilità individuali in un contesto assistenziale complesso. Una giovane donna, cittadina straniera di ventiquattro anni, si è sottratta il 4 giugno scorso al controllo del reparto di neonatologia dell’ospedale Villa Scassi di Genova Sampierdarena, portando con sé la figlia appena nata, destinata a un percorso di affido. L’evento, confermato da fonti locali tramite il sito web di Primocanale, ha immediatamente avviato un’indagine da parte delle forze dell’ordine, chiamate a ricostruire l’esatta dinamica e a rintracciare la donna e la bambina.La vicenda non è un mero episodio di fuga, ma si colloca all’interno di un quadro più ampio di vulnerabilità e difficoltà. Secondo quanto emerso dalle indagini e dalle dichiarazioni delle assistenti sociali, la decisione di affidare la neonata a un’altra famiglia era stata presa in concerto con il Tribunale per i Minorenni, a seguito di una valutazione che aveva evidenziato l’inadeguatezza della madre a garantire il benessere e lo sviluppo adeguato della figlia. Questa valutazione, presumibilmente basata su criteri socio-economici, psicologici e culturali, rivela un contesto di profonda difficoltà che ha portato a una decisione delicata e complessa.L’atto di fuga, quindi, si configura come una reazione disperata, un tentativo di preservare un legame materno nonostante le circostanze avverse. Solleva interrogativi cruciali sull’efficacia dei servizi di assistenza sociale e sulla capacità di supportare madri in situazioni di fragilità, evitando l’estremizzazione delle scelte. Quali risorse sono state offerte alla donna? È stata adeguatamente informata delle conseguenze della sua situazione e delle alternative possibili? Il percorso decisionale che ha portato all’affido è stato condiviso e compreso dalla madre, o percepito come un’imposizione esterna?La fuga, inoltre, mette in luce la delicatezza della questione dell’adozione e dell’affido, e l’importanza di una gestione sensibile e partecipativa, che tenga conto dei diritti e delle emozioni di tutte le parti coinvolte. L’immagine dell’ospedale, luogo di cura e protezione, è offuscata da un atto di ribellione che sottolinea l’importanza di un approccio multidisciplinare, che coinvolga psicologi, assistenti sociali, mediatori culturali e legali, per affrontare le complesse sfide poste dalla tutela dei minori e dall’integrazione di individui vulnerabili in una società sempre più multiforme. La ricerca della donna e della bambina è prioritaria, ma non può prescindere da un’attenta analisi delle cause che hanno portato a questo drammatico episodio, per prevenire il ripetersi di simili situazioni e garantire una tutela sempre più efficace per i minori in difficoltà.