Il ritorno a casa, a Napoli, si preannuncia intriso di un dolore profondo per Giuseppe Noschese, padre di Michele, il dj Godzi deceduto a Ibiza.
Dopo l’esecuzione di Tac e risonanza magnetica, disposte per soddisfare le richieste della famiglia, l’attesa dei risultati diagnostici si protrae, un’agonia dilatata dall’irreversibilità della perdita.
La salma è stata liberata e la cremazione è imminente, un atto burocratico che non lenisce il lutto di Daniela, moglie di Giuseppe, e del figlio Giampiero, accomunati da un dolore straziante.
L’inchiesta, condotta dalla magistratura spagnola, è al centro dell’attenzione.
I risultati degli esami diagnostici, eseguiti in presenza di un consulente nominato dalla famiglia, avranno il compito di confermare o smentire quanto emerso dall’autopsia, che non ha rilevato segni di percosse.
Questa circostanza dovrebbe corroborare la versione fornita dalla Guardia Civil, che ha arrestato Godzi per comportamenti disturbanti fuori dalla sua abitazione.
Le testimonianze raccolte delineano un quadro allarmante: un uomo in preda a un’agitazione incontrollabile, che si intrufolava nel balcone di un vicino ottantiduenne e lo scuoteva, come testimoniato da una residente, un racconto supportato da diversi video amatoriali.
L’episodio, unitamente alle urla disperate rivolte agli amici presenti, ha innescato l’intervento delle forze dell’ordine e della sicurezza privata del complesso residenziale.
L’ambulanza, inizialmente chiamata per soccorrere l’anziano, ha poi confermato il decesso per arresto cardiaco.
Giuseppe Noschese, profondamente addolorato, contesta l’affermazione secondo cui suo figlio fosse un consumatore abituale di stupefacenti, definendola incomprensibile alla luce della sua condizione fisica e sportiva.
Richiede visibilità delle eventuali denunce a carico di Michele, negando anche episodi di aggressione sia nei confronti del vicino, sia nei confronti della ragazza presente nella sua abitazione.
Il padre descrive il figlio come un ragazzo amato e solare, incapace di atti di violenza.
Il messaggio inviato alle 7.
49 del sabato, in cui esortava a moderare il rumore per evitare proteste dei vicini, contrasta con il decesso sopraggiunto solo quindici minuti dopo.
Giuseppe Noschese ribadisce di non cercare vendetta o colpevoli a tutti i costi, ma solo di comprendere l’accaduto.
Esprime fiducia nella magistratura spagnola e attende con serenità i risultati dell’inchiesta.
La denuncia alla Guardia Civil per omicidio è stata presentata come atto dovuto, ma in qualità di medico, Giuseppe sottolinea che, in caso di convulsioni, Michele avrebbe dovuto ricevere soccorso, non essere immobilizzato con manette.
L’intera vicenda solleva interrogativi complessi riguardanti la gestione di situazioni di crisi psichiatrica, l’utilizzo della forza da parte delle autorità e le responsabilità individuali in un contesto di profondo dolore e perdita.
L’attesa dei risultati tossicologici e delle ulteriori indagini si configura come un capitolo cruciale per fare luce sulla tragica scomparsa di Michele Noschese.