La recente, tragica ondata di decessi sul lavoro, con quattro vite spezzate in poche ore, solleva un grido d’allarme che non può più essere ignorato.
Non si tratta di un evento isolato, bensì di una manifestazione evidente di un sistema profondamente malato, un sistema in cui il valore della vita umana è spesso subordinato alla ricerca del profitto e all’ottimizzazione dei costi.
Assidal (Associazione Italiana Datoriale Attività Lavorative) denuncia con forza la gravità della situazione, sottolineando come la sicurezza non possa essere relegata a mero adempimento burocratico o voce residuale nel bilancio aziendale, ma debba incarnare un principio fondante dell’etica aziendale e dell’identità di ogni realtà produttiva.
Le immagini, crude e sconfortanti, provenienti da Napoli, dove tre operai hanno perso la vita precipitando da un montacarichi, e dalla provincia di Brescia, dove un uomo è stato schiacciato da un muletto, testimoniano una realtà amara.
Parallelamente alle preoccupazioni, legittime, per le ondate di calore e le relative restrizioni lavorative, si continua a subire la perdita di vite umane a causa di incidenti evitabili, frutto di negligenze e insufficienti misure di prevenzione.
A tre mesi dall’introduzione di significativi aggiornamenti nell’Accordo Stato-Regioni in materia di formazione e prevenzione, i dati restano inaccettabilmente stabili.
Questo dato allarmante rivela una disconnessione profonda tra le normative e la loro effettiva applicazione sul campo.
La sicurezza non può essere trattata come un mero esercizio di conformità; richiede un cambiamento di paradigma, un approccio proattivo che ponga al centro il benessere e la protezione dei lavoratori.
Assidal, con sede in Abruzzo, pone l’accento sulla necessità di un’azione concertata e multidisciplinare.
Questa iniziativa deve estendersi dall’istruzione primaria, dove la cultura della sicurezza dovrebbe essere seminata fin dalla tenera età, fino alle istituzioni pubbliche, che devono rafforzare i controlli e incentivare comportamenti virtuosi.
I datori di lavoro devono assumersi la piena responsabilità della sicurezza dei propri dipendenti, investendo in formazione continua, attrezzature adeguate e processi di lavoro sicuri.
Allo stesso tempo, i lavoratori devono essere attivamente coinvolti nella identificazione dei rischi e nella promozione di un ambiente di lavoro sicuro.
La formazione non deve essere un evento isolato, ma un processo dinamico e costante, in grado di adattarsi ai cambiamenti tecnologici e alle nuove sfide.
È fondamentale promuovere una cultura del “segnalazione” (reporting) in cui i lavoratori si sentano liberi di segnalare potenziali pericoli senza timore di ritorsioni.
Il silenzio e l’omertà sono complici di tragedie evitabili.
In conclusione, l’assenza di una cultura della sicurezza radicata in ogni livello dell’organizzazione si traduce inevitabilmente in una mancanza di prevenzione e, di conseguenza, in un aumento del rischio di incidenti mortali.
È imperativo, ora più che mai, fermare questa spirale di violenza silenziosa e intraprendere un profondo cambiamento di rotta, orientato alla salvaguardia della vita umana e alla costruzione di un futuro del lavoro più sicuro e dignitoso per tutti.
La responsabilità è di tutti: istituzioni, imprese, lavoratori, e la comunità nel suo complesso.