lunedì 28 Luglio 2025
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Oliver Stone e il cinema italiano: un’immersione nella memoria.

Il fascino del cinema italiano, come un rito di passaggio, ha profondamente segnato Oliver Stone, regista iconico e voce dissonante del cinema americano.

La sua recente visita al Marateale, in occasione della 17/a edizione, ha rappresentato un’occasione per un omaggio sentito e per un dialogo intimo con una platea di aspiranti cineasti, un’immersione nella memoria di una carriera costellata di successi, ma anche di frustrazioni e battaglie ideologiche.

La sua formazione artistica, come un mosaico di influenze culturali, è stata forgiata da capolavori come *Novecento* e *La Dolce Vita*, opere che hanno illuminato la sua giovane percezione della realtà e del potere del linguaggio cinematografico.

Un’esperienza formativa cruciale, come lui stesso ha ammesso, è stata l’incontro con *Il Caso Mattei* di Francesco Rosi, un catalizzatore che lo ha spinto verso un cinema impegnato, capace di svelare le zone d’ombra del potere e di interrogare le dinamiche socio-politiche.
Il libro *Cercando la luce*, la sua autobiografia, è un viaggio introspettivo nei primi quarant’anni di una vita intensa, un racconto generazionale che affonda le radici nel divorzio dei genitori, un evento traumatico e inedito per l’epoca, e nella scelta di insegnare in una scuola cattolica in Vietnam, un’esperienza formativa che lo ha confrontato con la brutalità della guerra e l’ingiustizia sociale.

Il successivo arruolamento come soldato e le ferite riportate in combattimento, culminate nel conferimento di una medaglia d’onore, hanno contribuito a plasmare la sua visione del mondo, un’impronta indelebile che traspare in molte delle sue opere.
L’incontro con Martin Scorsese alla NY University Film School si è rivelato determinante.
Il consiglio del maestro – “fai il tuo primo film il più personale possibile” – ha innescato un percorso artistico unico, scandito da una ricerca spasmodica di autenticità e verità.

Il cortometraggio *Last Year in Viet Nam*, un’opera cruda e toccante sulla condizione dei veterani, ha segnato una svolta, ma ha anche alimentato un’ambizione eccessiva, un’illusione di poter emulare i maestri della Nouvelle Vague.

Un episodio cruciale, come Stone ha rivelato, è stato l’indagine sul rapimento di Patricia Hearst, un caso che lo ha introdotto in un mondo di segreti, manipolazioni governative e cospirazioni.

Quest’esperienza ha plasmato il suo stile cinematografico, orientandolo verso un cinema investigativo, capace di smascherare le verità nascoste.
La difficoltà iniziale, culminata con il modesto successo di *Salvador*, è stata superata con *Platoon*, il film che ha consacrato il suo talento e ha inaugurato una carriera di successo.

Attualmente impegnato in nuovi progetti, Stone non ha fornito dettagli precisi, anticipando invece l’uscita di un secondo volume della sua autobiografia, un racconto dei suoi secondi quarant’anni, un’analisi dei fallimenti e un’indagine sulle passioni che alimentano la sua vocazione.
Infine, il regista ha espresso le sue opinioni sulla politica, ribadendo il suo antimilitarismo e commentando le complesse relazioni tra Stati Uniti e Russia, risalenti a un periodo precedente all’amministrazione Trump.
Il suo rapporto con l’America, segnato in passato da un’etichetta non ufficiale di “persona non grata”, si sta evolvendo, aprendo la strada a una nuova fase di comprensione e dialogo.
La sua opera, come un faro nella notte, continua a illuminare le zone d’ombra della storia, invitando a una riflessione critica e a un impegno civile.

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