La recente deliberazione 742 della Giunta Regionale, che ridimensiona drasticamente le competenze della Direzione Salute e Welfare, solleva serie preoccupazioni e segnala una rottura con approcci consolidati nel panorama sociale umbro.
La decisione, che disarticola aree cruciali come immigrazione, politiche giovanili, contrasto alla povertà, economia sociale e giustizia penale, appare come un atto deliberato di frammentazione, potenzialmente dannoso per la coesione e l’efficacia dell’azione sociale regionale.
Questa riorganizzazione non si limita a una mera ridistribuzione di responsabilità, ma sembra ignorare la natura intrinsecamente interconnessa delle politiche sociali.
Le deleghe ora ‘scollegate’ rappresentano tasselli di un mosaico complesso, volto a promuovere l’inclusione, la dignità della persona e la coesione sociale.
Separare interventi su minori, famiglie, anziani, giovani e soggetti vulnerabili rischia di creare discontinuità operative, disorientamento per i cittadini e una perdita di efficacia nell’erogazione dei servizi.
L’atteggiamento della Giunta contrasta apertamente con la visione che ha guidato la legislatura precedente, quando, sotto la guida di Paola Fioroni, fu approvata una legge regionale che prevedeva l’istituzione di un Dipartimento dedicato alla famiglia.
Tale legge, frutto di un’attenta progettazione, mirava a garantire un approccio integrato che considerasse la famiglia come fulcro di interventi su genitorialità, servizi per l’infanzia, conciliazione vita-lavoro e sostegno alla natalità, sviluppando al contempo reti territoriali di supporto.
L’attuale decisione sembra negare l’importanza di questa visione organica e la volontà di implementare le misure previste.
La retorica della “promozione della cultura della pace”, spesso evocata, appare incongruente con l’effettivo impegno a favore di politiche inclusive.
La pace non si proclama con slogan, ma si costruisce attraverso investimenti concreti in percorsi educativi, inclusione sociale, sostegno alle fasce più deboli e dialogo interculturale.
Si evince una mancanza di una strategia a lungo termine, caratterizzata da una cronica carenza di finanziamenti strutturati e di una visione integrata che colleghi in modo sinergico sanità, istruzione, lavoro e terzo settore.
È imperativo abbandonare la logica della frammentazione e abbracciare un approccio olistico, che riconosca la centralità del coordinamento e della co-progettazione.
È auspicabile un ripensamento di questa impostazione, un confronto aperto e costruttivo con il terzo settore, le famiglie, gli enti locali e tutti gli attori che, quotidianamente, operano sul territorio.
È fondamentale garantire la continuità dell’impegno e la valorizzazione del personale che, con abnegazione, si è dedicato a queste delicate aree di intervento, evitando che la riorganizzazione disarticoli anche il loro contributo.
Il futuro del welfare umbro, e la qualità della vita dei suoi cittadini, dipendono dalla capacità di superare questa frattura e di costruire un sistema sociale resiliente, inclusivo e orientato al benessere di tutti.