La mobilitazione dei lavoratori dell’ARST, indetta dal sindacato ORSA Tpl, ha generato un’interruzione significativa dei servizi di trasporto pubblico regionale, con un’adesione che ha toccato vette superiori all’80% in alcuni comparti.
Questo dato, che supera ampiamente le aspettative, non è semplicemente un numero, ma un sintomo di un profondo malcontento diffuso tra il personale, un disagio accumulato e ignorato per mesi dalla dirigenza aziendale.
L’impatto sulla cittadinanza sarda è stato palpabile: autobus fermi con la scritta “Sciopero”, linee sospese, rientri a casa negati, corse cancellate in ogni angolo dell’isola.
Un’infrastruttura essenziale, pilastro della mobilità regionale, è stata paralizzata, evidenziando la fragilità di un sistema sottoposto a crescente pressione e a un apparente disinteresse da parte del management.
Al di là delle comunicazioni ufficiali, che tentano di minimizzare l’entità della protesta, la realtà si presenta cruda e inequivocabile: una ondata di scontento che investe tutte le divisioni aziendali.
Le ragioni di questo dissenso sono complesse e stratificate, e si traducono in una serie di problematiche strutturali che vanno ben oltre le rivendicazioni salariali.
L’accumulo di 21 istanze di problematiche rimaste inascoltate, la mancata presa in considerazione di una piattaforma contrattuale di secondo livello, l’assenza di dialogo costruttivo con le rappresentanze sindacali, tutto concorre a creare un clima di sfiducia e frustrazione.
Le criticità emergono in aree vitali: dalla valutazione delle indennità aziendali, alla gestione, spesso opaca, del nuovo sistema informatico per la gestione dei turni, fino all’assenza di benefit essenziali come i buoni pasto.
Anche la parametrazione delle professioni, non allineata con le competenze e le responsabilità attuali, rappresenta una ferita aperta.
Luigi Melis, della segreteria regionale ORSA Tpl Sardegna, sottolinea come l’alta adesione, proveniente da tutte le sedi e depositi, sia la prova tangibile di un male profondo che affligge l’ARST, un male alimentato dalla “discriminazione” sistematica da parte dell’azienda nei confronti del sindacato ORSA Tpl, attraverso il rifiuto al confronto.
Questo atteggiamento, se non dovesse invertire rotta, rischia di prolungare e inasprire il conflitto nei prossimi mesi.
I lavoratori, pur consapevoli del disagio causato alla cittadinanza, ribadiscono che la responsabilità ultima ricade unicamente sulle scelte e sul comportamento “arrogante” della dirigenza ARST.
La protesta non è un atto indiscriminato, ma un segnale d’allarme, un grido di aiuto proveniente da un comparto essenziale per la vita sociale ed economica della Sardegna, che necessita urgentemente di ascolto, di dialogo e di un profondo cambiamento di rotta.