Le immagini di Leone raccontano il passato rurale, un tempo lontano eppure vivo, che si riflette in ogni scatto.

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12 dicembre 2023 – 19:47

Italo Calvino afferma che la vera sfida del labirinto non è tanto quella di trovare l’uscita il prima possibile, ma piuttosto quella di vivere appieno l’esperienza, assumendo un ruolo attivo di fronte alle innumerevoli scelte che il mistero dell’esistenza ci pone. Questo concetto mi viene in mente osservando le fotografie dei cunicoli dei muri a secco nel ragusano, definiti dall’Unesco come “il più importante modello di organizzazione del paesaggio dell’area del Mediterraneo” e immortalati in un rigoroso bianco e nero dall’obiettivo di Giuseppe Leone. Queste immagini richiamano alla mente le parole di Calvino proprio in occasione del centenario dello scrittore.Nel libro appena pubblicato intitolato “Iblei Qui è un’altra Sicilia”, con testi di Salvatore Silvano Nigro e Piero Guccione e Lanfranco Colombo, possiamo ammirare gli scatti raccolti dal fotografo 87enne di Ragusa. Attraverso queste fotografie, Leone si immerge nel paesaggio della sua terra natia, raccontando una testimonianza di un tempo sospeso legato alla cultura contadina. Le pagine del libro ci conducono attraverso le feste tradizionali, il duro lavoro nei campi e la vita quotidiana nelle città. Secondo Leone, conoscere le proprie radici e il proprio territorio è fondamentale per poterli raccontare al meglio. Attraverso lo sguardo dell’autore, possiamo comprendere appieno le parole del viaggiatore scozzese Patrick Brydone, che hanno ispirato il titolo di questo volume.Le fotografie ci regalano istantanee che raccontano più di mezzo secolo di storia: dalle riforme agrarie del secondo dopoguerra al boom economico, fino al riconoscimento Unesco delle città tardo barocche del Val di Noto. I protagonisti assoluti sono le persone e il paesaggio, entrambi ritratti con un grandangolo che ci permette di intraprendere un viaggio ricco di suggestioni. Attraverso queste immagini, possiamo ammirare panorami a volte aridi, a volte punteggiati da vigneti immortalati durante la vendemmia. Spiccano anche i contadini che si muovono lungo le trazzere e le strade cittadine con i loro fedeli muli. Non mancano neanche i volti gioiosi dei bambini che giocano all’aperto, spesso accompagnati dalle madri intenta a ricamare sui telai. Le immagini immortalano anche i momenti intensi delle feste religiose, con i santi portati a spalla anche in aperta campagna. In ogni scatto non c’è spazio per l’eccessiva idealizzazione o l’esaltazione di un’immagine bucolica romantica.Queste foto rappresentano frammenti di vita reale, una narrazione antropologica realizzata da un autore che utilizza la tecnica dei reportage tramandata dai fondatori dell’agenzia Magnum come Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, David Seymour e George Rodger.Giuseppe Leone ha iniziato il suo lungo percorso fotografico quando aveva solo quindici anni, scoprendo soprattutto il mondo contadino, le sue tradizioni e le sue culture. Sin da allora, l’autore non ha mai smesso di analizzare questa realtà in continua trasformazione. Come afferma Nigro nella prefazione del libro, questa raccolta dedicata agli Iblei rappresenta uno dei capitoli di un vasto “romanzo” che Leone ha costruito nel corso degli anni. Un reportage narrativo degno della letteratura dei suoi compagni di strada come Leonardo Sciascia, Vincenzo Consolo, Gesualdo Bufalino e Antonino Uccello, il poeta sognante che ha lasciato la sua eredità a Palazzolo Acreide sotto forma di casa museo del mondo contadino siciliano.L’artista ragusano ha pubblicato oltre 50 volumi con vari editori come Sellerio, Eri, Electa e Bompiani, e ha realizzato mostre sia in Italia che all’estero.

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