martedì 29 Luglio 2025
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Monfalcone, TAR conferma l’acquisizione del centro islamico Darus Salaam

Il caso del centro culturale islamico Darus Salaam a Monfalcone si risolve con una sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) Friuli Venezia Giulia, che conferma la legittimità dell’atto comunale volto all’acquisizione dell’immobile in via Duca d’Aosta 28.

La vicenda, che ha visto coinvolto l’europarlamentare Anna Maria Cisint, originariamente sindaca e ora consigliera delegata alla legalità, solleva questioni complesse relative alla pianificazione urbanistica, alla libertà religiosa, e all’applicazione delle normative regionali in materia di destinazione d’uso degli immobili.
Il centro islamico, rappresentato legalmente dall’avvocato La Torraca, aveva presentato ricorso contro il provvedimento comunale, sostenendo la propria legittimità e contestando l’interpretazione dell’amministrazione.
Il ricorso si basava su una presunta violazione dei diritti di libertà religiosa e di proprietà.

Tuttavia, il TAR ha rigettato il ricorso, accogliendo le argomentazioni presentate dall’avvocato Teresa Billiani, difensore dell’ente comunale.
Al cuore della disputa vi è un ordine di ripristino della destinazione d’uso dell’immobile, che il centro islamico non avrebbe rispettato.
La legge regionale, in questi casi, prevede l’acquisizione dell’immobile da parte del Comune, come misura coercitiva per garantire l’applicazione delle normative urbanistiche.
Questa disposizione legislativa si pone come strumento di controllo per prevenire usi impropri del territorio e assicurare il rispetto delle regole di pianificazione, che mirano a tutelare l’interesse pubblico e a preservare la coesione sociale.
La decisione del TAR, commentata con soddisfazione da Cisint, riafferma il primato del diritto italiano e dei suoi principi costituzionali, sottolineando l’importanza di rispettare le regole e di operare nel quadro normativo vigente.

La questione, però, pone interrogativi più ampi sull’equilibrio tra libertà religiosa e rispetto delle regole comunitarie, sull’interpretazione delle normative urbanistiche in relazione a luoghi di culto, e sulla necessità di un dialogo costruttivo tra le istituzioni e le comunità religiose per evitare conflitti e promuovere la convivenza pacifica.
Il caso di Darus Salaam, pertanto, rappresenta non solo una vicenda amministrativa, ma anche un banco di prova per la capacità del sistema giuridico italiano di bilanciare diritti fondamentali e interessi collettivi, in un contesto di crescente pluralismo culturale e religioso.

La sentenza del TAR, pur risolvendo la controversia specifica, lascia aperta la riflessione sulla necessità di una regolamentazione più chiara e condivisa in materia di luoghi di culto e rispetto delle normative urbanistiche, per prevenire future contestazioni e garantire un’applicazione uniforme del diritto.

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