venerdì 12 Settembre 2025
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FVG a rischio: crisi economica e demografica mettono in ginocchio la regione.

Il Friuli Venezia Giulia si trova di fronte a una sfida esistenziale, un intreccio complesso di declino economico e crisi demografica che ne compromettono la sostenibilità futura.

L’analisi dell’Osservatorio Socio-Economico Oseé, presentata da RilanciaFriuli con il supporto di diverse forze politiche, dipinge un quadro preoccupante, segnato da una persistente stagnazione che contrasta nettamente con la dinamicità del resto d’Italia e dell’Europa.
Il dato più allarmante è la crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) regionale, che dal 2002 al 2023 ha registrato un misero incremento dello 0,7%, un risultato che lo pone in striscia di scivolamento rispetto ai suoi omologhi del Nord-Est (+12,3%) e dell’Italia intera (+7,4%).

Questa latitanza non è un fenomeno recente: tra il 2008 e il 2023, il FVG ha subito una contrazione del 3,6%, un dato che lo colloca all’ultimo posto a livello nazionale, superato persino dalle regioni del Mezzogiorno, tradizionalmente considerate le più penalizzate.

Le proiezioni per il triennio 2023-2026 non lasciano presagire un’inversione di tendenza, con un aumento cumulato previsto allo 1%, ben al di sotto della media nazionale (+2,8%).
Questa debolezza strutturale si riflette in un crollo delle esportazioni manifatturiere, che nel biennio 2023-2024 hanno subito una diminuzione superiore al miliardo di euro, soprattutto in settori chiave, evidenziando una perdita di competitività e una difficoltà ad inserirsi nei nuovi canali commerciali globali.

A questa situazione si aggiunge la precarietà del mercato del lavoro, dove i contratti a tempo indeterminato rappresentano una quota marginale (solo il 13,5% nel 2024), mentre la stragrande maggioranza è costituita da forme contrattuali flessibili, intermittenti o in somministrazione.
Questo fenomeno, oltre a penalizzare i lavoratori, frena gli investimenti a lungo termine e ostacola la crescita economica.
Il saldo annuale dei contratti stabili è negativo per circa 15.000 unità, un dato che testimonia una progressiva erosione del capitale umano e una fuga di cervelli verso regioni più dinamiche.

La crisi demografica aggrava ulteriormente la situazione.

Dal 2002, la regione ha perso ben 58.000 persone in età lavorativa, una perdita che si prevede si intensificherà nei prossimi dieci anni, con ulteriori 47.000 persone che andranno perse entro il 2034.

Parallelamente, la popolazione anziana (over 64) è cresciuta del 50%, creando un pesante squilibrio tra generazioni e mettendo a dura prova il sistema di welfare.

Il tasso di natalità è crollato del 34,5%, un dato che riflette una profonda crisi delle famiglie e una mancanza di politiche a sostegno della genitorialità.

L’immigrazione, pur contribuendo a mitigare il calo demografico, non riesce a compensare completamente il divario.
Il turismo, nonostante una crescita delle presenze (+10,2% dal 2002, trainata soprattutto da Trieste, con un aumento del 123%), rappresenta una quota relativamente piccola dell’economia regionale (solo il 2,2% del turismo nazionale) e non è sufficiente a sostenere la crescita complessiva.

Il Nord-Est, nel suo complesso, ha un peso economico molto maggiore (38,9%), evidenziando la necessità di diversificare l’economia friulana e di sviluppare settori ad alto valore aggiunto.
La situazione richiede un’azione politica urgente e coordinata, che vada oltre le logiche di breve periodo e che si concentri sulla creazione di un ambiente favorevole agli investimenti, sulla promozione dell’innovazione, sul sostegno alle imprese, sulla valorizzazione del capitale umano e sulla creazione di politiche sociali inclusive.
È fondamentale ripensare il modello di sviluppo regionale, puntando su una crescita sostenibile, equa e resiliente, capace di affrontare le sfide del futuro e di garantire un futuro prospero per il Friuli Venezia Giulia.

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