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Omicidio a Besana Brianza: Un’indagine nell’ombra degli anni ’80

Besana Brianza, marzo 1980.
La chiamata spezza il silenzio notturno, strappando un giovane cronista dal sonno.
Non si tratta di un’emergenza qualunque: una donna è stata assassinata.

Inizia così, per lui, un viaggio nell’ombra, un’immersione profonda in un caso che segnerà per sempre la sua carriera e rivelerà lati oscuri di una comunità apparentemente idilliaca.
“Non è successo niente di grave”, il titolo del libro di Michele Brambilla (Baldini+Castoldi), è un’amara constatazione, un’eco delle reticenze e delle negazioni che avvolgono il delitto.

Il libro non è semplicemente un resoconto di un omicidio, ma un affresco di un’epoca, un’istantanea di un’Italia in transizione, dove i confini tra lecito e illecito, tra apparenza e realtà, si fanno sempre più sfumati.
Il delitto di Caterina Besozzi, una giovane dottoressa trentaquattrenne, si rivela una porta d’accesso a un mondo di segreti inconfessabili, di passioni clandestine e di ipocrisie radicate.

Brambilla, ripescando le proprie memorie di reporter alle prime armi, ricostruisce un contesto sociale fortemente condizionato da un codice del silenzio, da convenzioni borghesi e da una cultura patriarcale che relegava le donne in ruoli subalterni.

L’omicidio, che oggi verrebbe classificato senza esitazioni come femminicidio, era allora percepito, spesso superficialmente, come un semplice “omicidio”, una definizione che non rendeva giustizia alla violenza insita nella dinamica e alla complessità dei motivi che l’avevano scatenata.

Il libro trascende i confini del genere giallo, trasformandosi in un’indagine antropologica sulla provincia italiana degli anni Ottanta.
Dietro la facciata di benessere e prosperità si celano drammi privati, relazioni adulterine, ambizioni inconfessabili e un sistema di potere che si erge a baluardo contro la verità.

I personaggi che emergono non sono solo sospetti o testimoni, ma rappresentanti di una classe dirigente corrotta dal perbenismo e dalla paura di perdere privilegi.

L’indagine, condotta con acume e sensibilità, non si concentra tanto sull’identificazione del colpevole, quanto sulla ricostruzione del tessuto sociale che ha reso possibile la tragedia.
Il giovane giornalista, inizialmente ingenuo e idealista, è costretto a confrontarsi con la brutalità della realtà, con la corruzione del potere e con la difficoltà di fare luce su una verità scomoda.
Il caso lo cambierà profondamente, smascherando le illusioni e affinando la sua capacità di comprendere la complessità umana.
“Non è successo niente di grave” è un libro che scuote, che invita a riflettere sulla natura del potere, sulla fragilità delle relazioni umane e sulla persistenza, a distanza di decenni, di dinamiche sociali che ancora oggi alimentano la violenza contro le donne.

È un racconto che, pur radicato in un contesto storico specifico, risuona con un’attualità inquietante, offrendo una chiave di lettura essenziale per comprendere le radici profonde del male.

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