Nel cuore della Val d’Orcia, arroccato su un colle medievale, Monticchiello risuona ancora dell’eco di una tradizione unica: il Teatro Povero.
Da quasi sei decenni, questo borgo toscano si trasforma in un palcoscenico a cielo aperto, dove gli abitanti stessi scrivono, interpretano e realizzano un’autodramma, un’occasione per scavare nella memoria collettiva, per comprendere il presente e proiettarsi verso un futuro incerto.
“La casa silente”, l’ultima creazione, non fa eccezione, ma amplifica il tono di allarme, proiettando uno sguardo inquieto sul destino non solo di Monticchiello, ma dell’intera umanità.
Lo spettacolo ci trasporta nel 2059, un’epoca di profonda trasformazione, dove l’arte scenica è un ricordo sbiadito e le abitazioni ancestrali sono diventate merce di lusso, preda di investitori stranieri.
Un’élite agiata ha soppiantato la comunità originaria, relegando pochi anziani a sussistere in un ambiente asfissiante, sorvegliati da un sistema di controllo onnipresente, un Grande Fratello digitalizzato che ne limita ogni movimento e pensiero.
La casa, un tempo simbolo di sicurezza e appartenenza, si è trasformata in una trappola, un luogo di isolamento e paura, dove i residenti, in segno di sottomissione, sono addirittura indotti ad acquistare le proprie bare, divenute macabre decorazioni domestiche.
Le “case silenti” del titolo evocano l’orrore di un destino ineluttabile: se un abitante non dà segni di vita per quindici giorni, la sua dimora viene confiscata dallo Stato.
L’intreccio si fa ancora più complesso quando la casa requisita si rivela essere quella di Tacito, uno storico e drammaturgo del passato, il cui spirito sembra animare gli oggetti e i documenti che emergono dalle tenebre.
Questi reperti, testimonianze di un teatro comunitario vibrante e di una vita sociale autentica, fungono da catalizzatore per una ribellione sopita.
Gli anziani, risvegliati dal torpore, iniziano a interrogarsi sul significato della loro esistenza, rifiutando l’apatia imposta dal sistema.
Parallelamente, una nuova generazione di bambini, nati in questo mondo soffocante, manifestano un desiderio inespresso di libertà.
La scintilla della rivolta si accende quando gli anziani ripropongono antiche tradizioni, come le gare con carrettini di legno, che inevitabilmente portano a scontri e repressioni.
In questo contesto, si forma un’improbabile alleanza tra anziani e genitori, un fronte comune che si unisce alla sottomissione dei bambini, alla scoperta di un’inedita autonomia.
Negli ultimi quattro anni, il Teatro Povero ha intrapreso un percorso di evoluzione artistica, elevando la qualità delle rappresentazioni e coinvolgendo i giovani talenti del borgo.
La maestria recitativa, frutto del meticoloso lavoro dei registi Giampiero Giglioni e Manfredi Rutelli, sorprende per la sua intensità e profondità, coinvolgendo emotivamente il pubblico e trasmettendo un messaggio universale.
L’esperienza del Teatro Povero si completa con la convivialità della Taverna del Bronzone, un luogo di incontro e di celebrazione delle tradizioni gastronomiche locali, dove i visitatori possono condividere un momento di autentica comunione con gli abitanti di Monticchiello.
Più che uno spettacolo, un’immersione in un mondo che riflette le nostre paure e le nostre speranze, un invito a riscoprire il valore della memoria, della comunità e della libertà.