La crescente escalation di violenza contro il personale sanitario operante all’interno del carcere di Teramo ha raggiunto un punto di rottura, sollevando gravi preoccupazioni per la continuità e la qualità dell’assistenza medica ai detenuti e per l’incolumità degli operatori sanitari stessi.
Le venticinque aggressioni documentate negli ultimi sei mesi, che spaziano da percosse fisiche – come il calcio alla schiena subito da un infermiere – a molestie sessuali e minacce di morte, rivelano una profonda crisi di sicurezza e un deterioramento del clima relazionale all’interno dell’istituto penitenziario.
L’incidente del 26 luglio, che ha visto una dottoressa della ASL vittima di aggressione durante il servizio ambulatoriale, rappresenta solo l’ultimo, e particolarmente drammatico, tassello di una spirale di violenza che mette a dura prova la resilienza del personale sanitario.
La situazione è talmente critica da aver innescato un effetto domino di dimissioni: cinque operatori sanitari hanno abbandonato il servizio da gennaio ad oggi, testimoniando un disinteresse crescente verso un incarico percepito come insostenibile e pericoloso.
Questa emergenza non è semplicemente una questione di sicurezza fisica, ma incide profondamente sulla capacità del sistema sanitario di adempiere al proprio dovere costituzionale di garantire l’assistenza medica a tutti, inclusi i detenuti.
La paura e l’ansia generate da questi ripetuti atti di violenza minano la serenità necessaria per un approccio professionale e umano, compromettendo la qualità delle cure e aumentando il rischio di errori o omissioni.
La ASL di Teramo, attraverso la lettera indirizzata alla direzione del carcere, ha espresso con fermezza la necessità di interventi urgenti e risolutivi.
La direzione strategica sottolinea come l’attuale carenza di sicurezza non solo metta a repentaglio l’incolumità del personale, ma renda progressivamente impossibile il reclutamento di nuovo personale disposto ad operare in un ambiente così ostile.
L’istituzione si riserva la possibilità di adottare ulteriori iniziative per tutelare i propri dipendenti, riconoscendo il dovere imprescindibile di garantire loro un ambiente di lavoro sicuro e rispettoso della loro dignità professionale.
La vicenda solleva interrogativi profondi sulla gestione della sicurezza all’interno del sistema carcerario, sulla necessità di un maggiore supporto psicologico per il personale sanitario esposto a situazioni di stress e violenza, e sulla necessità di un dialogo costruttivo tra le istituzioni coinvolte – direzione sanitaria, direzione penitenziaria, autorità giudiziarie – per affrontare le cause profonde di questa crisi e restituire sicurezza e serenità a chi opera in prima linea al servizio della collettività.
Si tratta di un problema che trascende la singola realtà carceraria di Teramo, riflettendo una più ampia problematica che affligge il sistema penitenziario italiano e che richiede un’azione immediata e concertata a livello nazionale.