L’Eletta e il Rituale dell’Essenza: Un Viaggio nell’Anima di *Le Sacre du Printemps*L’interpretazione del ruolo dell’Eletta in *Le Sacre du Printemps* si è rivelata per Rebecca Bianchi, étoile dell’Opera di Roma, un percorso di radicale spoliazione, una discesa all’essenza stessa del movimento e dell’espressione.
Più che una coreografia, un’immersione in un universo primordiale, dove la danza si fa veicolo di emozioni ancestrali e di conflitti interiori.
La prima rappresentazione italiana di questa iconica creazione di Pina Bausch, diretta da Eleonora Abbagnato al Caracalla festival, rappresenta un evento cruciale per il panorama della danza contemporanea, un’occasione unica per confrontarsi con un’opera che continua a interrogare e a commuovere.
La ricerca di Bianchi è stata guidata dalla volontà di liberarsi da ogni artificio, ogni abbellimento superfluo, per giungere a una forma di danza “nuda”, “cruda”, capace di risuonare con la verità interiore dell’essere.
Questo processo di decostruzione ha permesso di far emergere la sottigliezza delle sensazioni umane, di esplorare le profondità dell’autenticità del movimento.
La coreografia, in questo senso, non è solo una sequenza di passi, ma un rituale che evoca le paure più recondite, il fascino dell’ignoto, la scoperta del corpo, dell’alterità e del rapporto con la terra.
L’Eletta, il personaggio centrale, si erge come figura sacrificale, chiamata a un destino imposto.
Ma dietro il timore di essere scelta, si cela un senso di orgoglio e un sacrificio personale, che trascende la semplice esecuzione coreografica.
L’esperienza si estende a tutto il gruppo, che assiste inerme al rituale, testimoniando la resistenza e la tenacia femminile, la lotta per la vita contro la morte.
La solitudine, elemento chiave dell’esperienza, diviene il luogo in cui l’interprete trova la propria verità, la forza inesauribile che alimenta la danza.
Una verità che risuona ben oltre il palcoscenico, proiettandosi nella complessità delle prove che la vita ci pone di fronte.
*Le Sacre du Printemps* si inserisce in un trittico dedicato alla danza contemporanea, affiancando il *Bolero* di Béjart e *Within the Golden Hour* di Wheeldon, offrendo un panorama articolato e stimolante.
L’opera di Bausch, concepita nel 1975, rilegge il celebre lavoro di Stravinskij trasformando il rito del sacrificio in una danza corale e ancestrale.
L’immagine potente del vestito rosso, simbolo del sacrificio, che passa di mano in mano, si fonde con la suggestiva scenografia di Rolf Borzik: un palcoscenico interamente ricoperto di terra, che alla fine avvolge i corpi e i volti dei danzatori, creando un impatto visivo e drammaturgico di straordinaria intensità.
Per Eleonora Abbagnato, portare questa coreografia rappresenta la realizzazione di un sogno, un ritorno alle sue origini, al periodo in cui ballò con Pina Bausch all’Opera di Parigi.
Un’esperienza che rivoluzionò il suo modo di concepire la danza e l’interpretazione.
La scelta di presentare l’opera con i suoi danzatori, testimoni della loro crescita e maturazione, sottolinea l’importanza della trasmissione del patrimonio coreografico e l’evoluzione artistica del teatro.
L’esecuzione musicale, affidata all’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma sotto la direzione di Ido Arad per Stravinskij e Ravel, e di Carlo Donadio per *Within the Golden Hour*, contribuisce a creare un’atmosfera suggestiva e coinvolgente.
Insieme a Rebecca Bianchi, un cast stellare, composto da Susanna Salvi, Alessio Rezza, Federica Maine, Marianna Suriano, Claudio Cocino, Michele Satriano e numerosi solisti, si prepara a offrire al pubblico romano un’esperienza indimenticabile, un viaggio profondo nell’anima della danza e nell’essenza dell’essere umano.