La situazione delle carceri in Basilicata, e in particolare a Potenza e Melfi, emerge con chiarezza come un sistema in crisi, un crocevia di numeri allarmanti e problematiche strutturali che mettono a dura prova la dignità delle persone detenute e la funzionalità stessa dell’apparato penitenziario.
I dati presentati durante il presidio promosso dalla Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private della libertà personale dipingono un quadro preoccupante: a Potenza, la popolazione carceraria di 163 individui, composta da 162 uomini e un’unica donna, supera di oltre il 50% i 105 posti regolamentari, un sovraffollamento che rende l’ambiente insostenibile e potenzialmente pericoloso.
Questa situazione, nonostante interventi di ampliamento e ristrutturazione recenti, testimonia l’incapacità del sistema di adattarsi alla crescente domanda e di offrire condizioni di vita adeguate.
Il carcere di Melfi, classificato come istituto di “alta sicurezza”, presenta criticità non meno rilevanti.
Con 90 detenuti, la carenza di personale di polizia penitenziaria si aggrava ulteriormente, arrivando a 44 unità in meno rispetto al necessario.
Anche l’Istituto Penale di Modica (Ipm) del capoluogo lamenta una carenza di personale, con soli 25 agenti a fronte di un organico previsto di 12.
La presenza di un numero anomalo di minori, 17 anziché il previsto, aggiunge un ulteriore livello di complessità alla gestione dell’istituto.
L’evento, a cui hanno partecipato rappresentanti sindacali (Cgil), istituzionali (Presidente della provincia, consiglieri regionali) e associazioni, non si limita a denunciare i numeri, ma solleva questioni di principio.
Tiziana Silletti, Garante regionale delle vittime di reato e delle persone sottoposte a misure restrittive, sottolinea l’importanza di considerare la persona detenuta non come un numero, ma come un individuo che merita una “seconda possibilità”, un percorso di reinserimento sociale che presupponga il pieno rispetto dei suoi diritti civili.
Le problematiche portate all’attenzione del Governo e delle istituzioni non si limitano al sovraffollamento, un sintomo di un sistema sovraccarico, ma toccano temi più profondi come i drammatici casi di suicidio, un indicatore di disagio psicologico e mancanza di supporto, e le gravi carenze di personale sia per la Polizia Penitenziaria, che per il personale medico.
Queste carenze compromettono la sicurezza e la salute dei detenuti, ma anche la sicurezza degli agenti penitenziari.
Il presidio rappresenta un appello urgente a ripensare il sistema penitenziario, non solo in termini di infrastrutture, ma soprattutto in termini di politiche e risorse umane, con l’obiettivo di garantire un trattamento penitenziario dignitoso e finalizzato al reinserimento sociale, nel rispetto dei diritti fondamentali di ogni persona detenuta.
La questione, inoltre, evidenzia la necessità di un approccio più ampio che coinvolga l’intera comunità, promuovendo la sensibilizzazione e il dialogo per favorire una cultura della riabilitazione e della seconda possibilità.