venerdì 1 Agosto 2025
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*Le Sacre du Printemps*: L’essenza della danza secondo Rebecca Bianchi

L’immersione nel personaggio dell’Eletta in *Le Sacre du Printemps* ha rappresentato per me un percorso di radicale semplificazione coreutica.

L’esigenza primaria è stata quella di distillare la danza, eliminando ogni sovrastruttura, ogni orpello che potesse distogliere l’attenzione dalla sua anima pulsante.
Si trattava di un’operazione di essenzializzazione, di una ricerca di verità espressiva che si manifestasse in una forma di movimento spogliata, autentica, visceralmente reale.
Rebecca Bianchi, prima ballerina dell’Opera di Roma, descrive così il suo approccio alla coreografia di Pina Bausch, protagonista di un evento imperdibile al Caracalla festival il 30 e il 31 luglio, incorniciato dalla maestosità delle Terme di Caracalla.

La performance non è solo una riproposizione di un capolavoro, ma un evento storico: per la prima volta, a cinquant’anni dalla sua creazione, *Le Sacre du Printemps* viene interpretato da una compagnia italiana, diretta dall’abile guida di Eleonora Abbagnato.
Questo segna una cesura significativa.
Non si tratta di una mera replica, un’imitazione fedele dei movimenti originali.

L’atto di reinterpretare Bausch implica una profonda riflessione sulla sua eredità, sul suo approccio rivoluzionario al corpo, allo spazio, alla relazione tra danza e musica.
Bausch ha demolito le barriere tra i generi, ha esplorato la fisicità in modo audace e spesso scomodo, ha messo in discussione le convenzioni estetiche e sociali.
La sua coreografia, intrisa di simbolismo e di una potente carica emotiva, continua a provocare e a ispirare.

Per Rebecca Bianchi e per la compagnia romana, affrontare *Le Sacre du Printemps* significa confrontarsi con questa eredità complessa, con la sfida di tradurre in un linguaggio coreutico italiano l’urgenza e la potenza del gesto originario.

Significa anche interrogarsi sul ruolo della danza nel contesto contemporaneo, sulla sua capacità di comunicare emozioni primarie, di scuotere le coscienze, di creare un dialogo profondo con il pubblico.
L’interpretazione non è una questione di virtuosismo tecnico, sebbene la bravura dei danzatori sia imprescindibile.
È una questione di comprensione profonda, di empatia con il personaggio, di capacità di trasmettere al pubblico la forza brutale e la tragica bellezza della danza sacra.

È una ricerca di significato, una volontà di andare oltre l’apparenza, per rivelare l’essenza più intima e vulnerabile dell’essere umano.

Questo appuntamento al Caracalla festival si preannuncia dunque come un momento cruciale per la danza italiana, un’opportunità unica per riscoprire un capolavoro immortale e per celebrare la forza e la creatività di una delle più grandi artiste del Novecento.

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