Giugno segna una positiva, seppur complessa, dinamica nel mercato del lavoro italiano.
L’incremento di 16.000 occupati nel singolo mese, e l’impressionante dato di +363.000 rispetto a un anno prima, suggeriscono un’iniziale ripresa, sostenuta anche dalle misure di sostegno all’occupazione e dalla ripresa economica post-pandemica.
Il numero totale degli occupati, salito a 24,3 milioni, rappresenta un picco storico nelle serie di rilevazione Istat a partire dal 2004, un dato che, di per sé, appare incoraggiante.
Tuttavia, questa crescita va interpretata alla luce di profonde trasformazioni strutturali che il mercato del lavoro italiano sta vivendo.
L’analisi dettagliata dei dati rivela una tendenza preoccupante: l’invecchiamento progressivo della forza lavoro.
Questo fenomeno, intrinsecamente legato al declino demografico in atto, con un tasso di natalità tra i più bassi d’Europa e un’emigrazione di giovani in cerca di migliori opportunità, si accentua con le recenti restrizioni all’accesso alla pensione anticipata.
La diminuzione del tasso di disoccupazione, sceso a giugno al 6,3%, pur rappresentando un segnale positivo, non compensa completamente le implicazioni di questa transizione generazionale.
L’incidenza del tasso di occupazione, stabile al 62,9%, denota una certa rigidità nel processo di assunzione, con difficoltà per i giovani a inserirsi nel mercato e per i lavoratori più anziani a rimanere attivi, spesso penalizzati da competenze non sempre aggiornate e da una mancanza di incentivi alla riqualificazione professionale.
La situazione è aggravata dalla crescente polarizzazione del mercato, con una crescente divaricazione tra settori in espansione, che richiedono competenze digitali e specialistiche, e settori in contrazione, che offrono prevalentemente lavori a basso valore aggiunto e a basso contenuto di competenze.
Questo fenomeno alimenta una disparità salariale e una crescente insoddisfazione tra i lavoratori, minando la sostenibilità del sistema previdenziale.
Inoltre, l’analisi delle tipologie contrattuali rivela una prevalenza di rapporti di lavoro precari, con una quota significativa di contratti a termine e part-time involontario, che limitano la sicurezza economica e le prospettive di carriera dei lavoratori.
In definitiva, la crescita dell’occupazione registrata a giugno è un segnale positivo, ma non deve indurre a compiacimento.
È necessario un approccio strategico e mirato per affrontare le sfide demografiche, favorire l’innovazione e la riqualificazione professionale, ridurre la precarietà e promuovere una maggiore inclusione, garantendo un futuro sostenibile per il mercato del lavoro italiano.
Servono politiche attive del lavoro, incentivi all’imprenditoria giovanile e un rinnovato impegno nel contrasto alla dispersione scolastica e alla disoccupazione giovanile, per trasformare questo momento positivo in una crescita robusta e duratura.