Il tessuto socio-economico piemontese si rivela sempre più dipendente dalla cassa integrazione, con un incremento significativo delle ore autorizzate che solleva interrogativi profondi sulla salute del sistema produttivo regionale.
I dati dell’Osservatorio INPS delineano una crescita vertiginosa: tra gennaio e giugno 2025, si registra un aumento del 68,4% rispetto allo stesso periodo del 2024, portando le ore autorizzate da 22 a 37 milioni.
Questa tendenza, già evidente nel confronto tra il 2024 e il 2023, evidenzia una problematica strutturale che affligge il Piemonte.
Il settore manifatturiero, perno dell’economia regionale, assorbe la stragrande maggioranza (circa il 90%) delle ore di cassa integrazione autorizzate.
L’aumento risulta disomogeneo sul territorio: Asti (+91%), Cuneo (+57%) e Vercelli (+33%) segnano incrementi particolarmente marcati, mentre a livello assoluto la provincia di Torino, con quasi 24 milioni di ore, si conferma il distretto più gravato da questo strumento di sostegno al reddito, un primato che la colloca in una posizione precaria a livello nazionale.
La crescita esponenziale della cassa integrazione non deve essere interpretata come un mero dato statistico, ma come un campanello d’allarme che segnala una profonda fragilità del sistema industriale piemontese.
Il segretario generale della CGIL Piemonte, Giorgio Airaudo, sottolinea con preoccupazione una sottovalutazione diffusa della sofferenza latente che pervade il mondo del lavoro regionale.
L’utilizzo sempre più frequente della cassa integrazione, da misura eccezionale in caso di crisi temporanee, si è trasformato in una costante, erodendo i salari, comprimendo i redditi disponibili e deprimendo l’attività commerciale locale.
La situazione attuale configura una dinamica che va oltre la semplice gestione dell’emergenza.
Airaudo denuncia una sorta di “rimozione psicologica” collettiva, una negazione implicita della crisi stessa, paragonabile a una “sindrome di Stoccolma al contrario”.
Si assiste a una progressiva interiorizzazione della crisi, che ne impedisce una visione lucida e la ricerca di soluzioni efficaci.
La necessità impellente è quella di superare l’approccio emergenziale e di adottare una prospettiva di lungo periodo, con una classe dirigente capace di elaborare e proporre visioni strategiche per il futuro del Piemonte.
Non si tratta di “tamponare” le conseguenze immediate, ma di affrontare le cause profonde della crisi, investendo in settori innovativi, promuovendo la riconversione industriale e stimolando la creazione di nuovi posti di lavoro.
Il Piemonte, capitale storica della cassa integrazione, necessita urgentemente di strumenti strutturali, duraturi e mirati a promuovere una crescita sostenibile e inclusiva, che possa liberare il territorio dalla sua attuale dipendenza da misure di sostegno al reddito e restituire dignità e prospettive ai lavoratori.
Il sud del nord non può continuare a navigare a vista, confinato in una spirale di crisi e rinvii.