Un grave incidente ha scosso Roma, in via Gaeta, dove un’esplosione durante operazioni di disinstallazione di un gruppo elettrogeno ha causato ferite a due operai.
La dinamica precisa resta da chiarire, ma l’evento ha sollevato immediate preoccupazioni e riapre il dibattito sulla sicurezza negli ambienti di lavoro, particolarmente quelli ad alto rischio.
L’operaio più grave, un uomo di 50 anni, si trova ricoverato in condizioni critiche al Centro Grandi Ustioni dell’ospedale Sant’Eugenio.
Le lesioni, estese a viso, collo, tronco e braccia, hanno subito valutazioni mediche che hanno evidenziato ustioni di terzo grado.
La prognosi rimane cauta, pur essendo il paziente cosciente e in grado di respirare autonomamente.
Un intervento chirurgico è programmato per martedì, volto alla rimozione del tessuto compromesso e alla successiva innestizione di cute proveniente da donatore, una procedura cruciale per favorire la guarigione e minimizzare le cicatrici.
Il secondo operaio, presumibilmente figlio del primo, ha riportato intossicazione da fumi, un rischio intrinseco in eventi di questo tipo e spesso sottovalutato nelle immediate conseguenze.
La Confederazione Generale del Lavoro (Cgil) di Roma e del Lazio, esprimendo profonda apprensione per la sorte dei due lavoratori, ha sollecitato un’indagine tempestiva e approfondita per accertare le cause dell’esplosione e individuare eventuali responsabilità.
L’incidente non è un evento isolato, ma si inserisce in un quadro allarmante di infortuni sul lavoro che affligge la regione Lazio.
Negli ultimi mesi, la regione ha registrato una serie di incidenti gravi, alcuni fatali, che testimoniano una persistente carenza di sicurezza nei cantieri e negli impianti.
A marzo, tre operai sono rimasti gravemente feriti a Minturno a causa di una folgorazione.
A maggio, un lavoratore ha perso la vita a Paliano in circostanze simili.
In provincia di Rieti, un altro operaio ha subito lesioni per folgorazione, mentre a Roma, un addetto all’appalto Acea ha perso la vita mentre svolgeva mansioni non compatibili con il suo ruolo, presumibilmente a causa di una delegazione di compiti non autorizzata.
Questi tragici episodi rivelano una serie di problematiche strutturali: la potenziale insufficiente valutazione dei rischi, la formazione inadeguata del personale, la pressione sui tempi che induce a scorciatoie procedurali, la delega di compiti non previsti per il ruolo dell’operario, e la scarsa applicazione delle normative di sicurezza.
La Cgil sottolinea l’urgenza di un cambio di paradigma nella gestione della sicurezza sul lavoro, con un rafforzamento dei controlli, una maggiore severità nei confronti delle imprese che non rispettano le normative e un’attenta revisione delle procedure di formazione e di valutazione dei rischi, con particolare attenzione ai settori ad alta pericolosità, come quello dell’energia elettrica.
È imperativo che la tutela della vita e dell’integrità fisica dei lavoratori diventi la priorità assoluta, superando una visione utilitaristica che antepone la produttività alla sicurezza.