sabato 2 Agosto 2025
24 C
Rome

Martina Oppelli: Denuncia ASUGI, apre un nuovo fronte legale.

Il caso di Martina Oppelli, tragicamente conclusosi con un decesso per suicidio assistito in Svizzera, ha lasciato una profonda eco nel panorama legale e morale italiano, alimentando un acceso dibattito sull’autodeterminazione, la dignità e i limiti dell’assistenza sanitaria.

Prima di compiere il gesto irreversibile, la giovane, con l’ausilio della sua curatrice speciale, l’avvocata Filomena Gallo, figura di spicco nell’associazione Luca Coscioni, ha formalizzato una denuncia-querela nei confronti dell’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI).

L’azione legale, comunicata alla stampa a Trieste dal tesoriere dell’associazione Coscioni, Marco Cappato, solleva questioni complesse e apre scenari interpretativi cruciali per il futuro della legislazione in materia.

La denuncia non si limita a contestare una mera negligenza burocratica, ma accusa l’ASUGI di comportamenti che configurano, secondo la prospettiva della curatrice speciale, reati di “rifiuto di atti d’ufficio” e, in maniera ancora più grave, di “tortura”.
Quest’ultima accusa, particolarmente incisiva, suggerisce che il rifiuto reiterato di accedere al suicidio medicalmente assistito abbia imposto a Martina Oppelli una condizione di sofferenza insopportabile, equiparabile a una forma di coercizione psicologica e fisica.

La questione giuridica centrale ruota attorno all’interpretazione dei diritti fondamentali del paziente, in particolare il diritto all’autodeterminazione e alla dignità personale.
Sebbene la legislazione italiana non preveda il suicidio assistito, l’assenza di una normativa specifica in merito al rifiuto di trattamenti medici, che potrebbe includere l’accesso al suicidio assistito, lascia spazio a interpretazioni contrastanti.
La curatrice speciale, agendo in rappresentanza della volontà di Martina Oppelli, sostiene che il rifiuto di riconoscere la sua sofferenza come intollerabile e la sua richiesta di assistenza come legittima, abbia leso i suoi diritti fondamentali.

La denuncia solleva anche interrogativi sull’obbligo dell’azienda sanitaria di garantire la tutela della vita e della dignità umana.

Se da un lato l’ASUGI è tenuta a preservare la vita, dall’altro deve rispettare la volontà del paziente, soprattutto quando questa è espressa in modo chiaro e consapevole.

La complessità della situazione risiede proprio nel bilanciare questi due principi apparentemente contrapposti.

L’azione legale avviata da Filomena Gallo non mira unicamente a ottenere un risarcimento danni, ma si propone di far luce sulle prassi applicative dell’ASUGI in materia di fine vita e di promuovere una riflessione più ampia sulla necessità di una legislazione chiara e coerente che tuteli sia la vita che la dignità del paziente.

Il caso di Martina Oppelli, quindi, si configura come un evento catalizzatore, in grado di accelerare il dibattito pubblico e spingere il legislatore ad affrontare con coraggio e responsabilità le questioni etiche e giuridiche legate al diritto di morire.

L’eredità di Martina, tragicamente, potrebbe essere una riforma legislativa che rispetti la libertà di scelta del singolo, sempre con la consapevolezza e la responsabilità che tale decisione comporta.

- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -