La visita del delegato del coordinamento nazionale della Polizia Penitenziaria, Mauro Nardella, al carcere di Pescara ha svelato un quadro allarmante, ben oltre le evidenti problematiche strutturali.
La situazione, descritta come “disastrosa”, rivela una profonda crisi che investe non solo l’infrastruttura fisica, ma soprattutto il rapporto tra personale e detenuti, e l’efficacia del sistema di sicurezza.
Il dato più preoccupante emerge dal rapporto numerico tra agenti e detenuti: un singolo agente è responsabile della sorveglianza di 91 individui.
Questa riduzione, ottenuta attraverso un parziale trasferimento di detenuti (da 450 a 391), rappresenta un palliativo che non risolve la criticità di fondo, poiché il rapporto attuale, seppur inferiore al limite di 1 agente ogni 100 detenuti, rimane insostenibile.
Il sovraffollamento, con 115 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare di 276, aggrava ulteriormente la situazione, esacerbando le tensioni e rendendo la gestione più complessa e pericolosa.
La carenza di personale, quantificata in 70 unità, con un calo superiore al 50% nel numero dei sottufficiali, compromette seriamente la capacità di controllo e di prevenzione.
Questo deficit è aggravato dall’incremento dei piantonamenti ospedalieri, che richiedono un notevole dispendio di risorse umane e forzano gli agenti a turni prolungati, spesso di 8 ore invece delle 6 previste dal contratto.
Questa condizione genera un aumento del carico di lavoro, stress e affaticamento, con potenziali ripercussioni sulla sicurezza e sulla salute del personale.
La fragilità della struttura, definita come una “gruviera”, si traduce in una vulnerabilità nei confronti dell’ingresso di materiali illeciti, come dimostra il ritrovamento di sostanze stupefacenti.
Questo evidenzia una carenza di controlli e di misure preventive, e riflette la difficoltà di garantire un ambiente sicuro e riabilitativo all’interno del carcere.
La visita ha messo in luce una spirale negativa, alimentata dal sovraffollamento, dalla carenza di personale e dalla precarietà delle condizioni di lavoro, che mina la sicurezza, compromette la riabilitazione dei detenuti e mette a rischio la salute e l’incolumità del personale penitenziario.
La situazione richiede interventi urgenti e mirati, che affrontino le cause strutturali del problema e che garantiscano risorse umane e finanziarie adeguate per assicurare la sicurezza e la dignità di tutti.