martedì 12 Agosto 2025
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Campi Flegrei: scoperta una cavità sismica nascosta

Sotto la superficie dei Campi Flegrei, un intricato sistema vulcanico situato a ridosso della costa campana, si cela un segreto sismico di straordinaria importanza, svelato da una ricerca internazionale guidata dall’Università di Pisa.
Un team di esperti, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e il prestigioso Helmholtz Centre for Geosciences di Potsdam, ha portato alla luce l’esistenza di una cavità di notevoli dimensioni, una frattura geologica che connette le profondità abissali del vulcano con le manifestazioni superficiali, come le fumarole di Solfatara e Pisciarelli.

La scoperta, pubblicata sulla rivista *Nature Communications Earth and Environment*, non è semplicemente l’identificazione di una struttura vuota nel sottosuolo; essa apre un nuovo capitolo nella comprensione dell’evoluzione del complesso vulcanico e nella valutazione dei rischi che esso comporta.
La cavità, estesa per circa un chilometro di lunghezza, con una larghezza di 650 metri e uno spessore medio di 35 centimetri, racchiude un volume complessivo di circa 220.000 metri cubi.

La sua esistenza è stata rivelata grazie all’analisi di segnali sismici di lunghissimo periodo (VLP), un metodo innovativo che permette di “ascoltare” le vibrazioni del sottosuolo.
Questi segnali, ripetuti costantemente alla stessa frequenza (0,114 Hz) da almeno sette anni, suggeriscono una notevole stabilità strutturale e compositiva della cavità.

Questa costanza è cruciale: indica che i processi interni, che influenzano le dimensioni e il contenuto della frattura, sono relativamente stabili nel tempo, fornendo preziose informazioni sull’interazione tra il magma profondo e le zone superficiali.
L’analisi dei terremoti avvenuti dal 2018 ad oggi ha rivelato una correlazione sorprendente: durante i sismi più intensi, si manifesta una “risonanza” a bassa frequenza che è proprio l’impronta sismica della frattura.
Questo fenomeno, finora mai documentato nei Campi Flegrei, è stato osservato in altri vulcani attivi nel mondo, e ne conferma la validità come strumento diagnostico.
La presenza di questa cavità funge da “amplificatore” delle vibrazioni, rendendo evidente la sua esistenza anche quando non è direttamente osservabile.

La composizione del contenuto della cavità rimane ancora un mistero, ma le ipotesi più accreditate suggeriscono la presenza di gas ad alta pressione, possibilmente di origine magmatica, o di fluidi legati al processo vulcanico.
La sua scoperta sottolinea l’importanza di tecniche di monitoraggio avanzate e di analisi sempre più sofisticate per decifrare la complessa dinamica dei vulcani, non solo dei Campi Flegrei ma di tutti i sistemi vulcanici del pianeta.
La ricerca non solo rappresenta un avanzamento significativo nella geofisica applicata, ma evidenzia come l’integrazione di diversi approcci scientifici – sismologia, vulcanologia, geochimica – sia essenziale per affrontare le sfide poste dai rischi naturali.

Il lavoro, coordinato da Giacomo Rapagnani e guidato da Francesco Grigoli, coinvolge un team multidisciplinare di ricercatori, tra cui Simone Cesca, Gilberto Saccorotti, Gesa Petersen, Torsten Dahm e Francesca Bianco, e apre la strada a future indagini volte a caratterizzare ulteriormente la struttura e il contenuto della cavità, e a migliorare la capacità di previsione del comportamento vulcanico.

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