Il discorso di Daniele Orsato, ex fischietto di vertice e attuale designatore della Can C, pronunciato ai giovani arbitri durante il raduno a Cascia, trascende una semplice esortazione.
Si configura piuttosto come una dichiarazione di intenti, un manifesto per un’etica professionale radicale che mira a elevare il ruolo dell’arbitro da mero esecutore del regolamento a protagonista attivo nella gestione della partita.
Orsato non chiede semplicemente competenza tecnica, una profonda conoscenza delle regole del gioco.
Il suo appello è rivolto a qualcosa di più profondo: la capacità di “guadagnare” le partite, meritandole con preparazione, coraggio e, implicitamente, con un’intelligenza tattica che va oltre l’applicazione meccanica delle norme.
La frase “Non saremo noi a regalargliele” è carica di significato.
Non si tratta di un invito a favorire una squadra o l’altra, ma un rifiuto di cedere alla passività, di rimanere indifferenti alle dinamiche di gioco, di permettere che l’esito della partita dipenda da fattori esterni alla performance arbitrale.
Implica una volontà di affrontare la pressione, le provocazioni, le possibili ripercussioni delle decisioni prese, assumendosi la piena responsabilità delle proprie scelte.
La confessione di Orsato – “Io li alleno e se sbagliano è colpa mia” – rivela una leadership che si fa carico del peso della responsabilità.
Non si tratta di scaricare la colpa sui giovani fischietti, ma di incarnare un modello di guida basato sulla formazione continua e sull’auto-critica.
Riconoscere l’errore come fallimento della preparazione è un atto di umiltà e un motore per il miglioramento costante.
La sua sicurezza – “Ma ho le spalle larghe, resisterò a ogni colpo” – non è arroganza, ma la consapevolezza di aver intrapreso una strada difficile, quella di un’arbitraggio non compiacente, pronto a sfidare le convenzioni e a sostenere le proprie decisioni anche quando impopolari.
È un invito ai giovani arbitri a sviluppare la stessa resilienza, a non lasciarsi intimidire dalle critiche e a perseverare nel proprio impegno per l’equità e l’integrità del gioco.
In definitiva, il discorso di Orsato rappresenta una visione dell’arbitraggio che va oltre la semplice applicazione delle regole.
È un invito a una leadership attiva, a una preparazione costante e a una profonda responsabilità, elementi essenziali per garantire la credibilità e la giustizia del calcio.
È una richiesta di coraggio, di intelligenza e di dedizione, in un ruolo che, troppo spesso, viene sottovalutato e frainteso.