A Trieste, una città crocevia di storie e speranze, si manifesta da anni una grave emergenza umanitaria, caratterizzata dalla progressiva esclusione dal sistema di accoglienza di un numero crescente di richiedenti asilo.
L’attuale quadro, documentato da Consorzio italiano di solidarietà, Diaconia valdese, International Rescue Committee e Consiglio italiano per i rifugiati, rivela una drammatica escalation: oltre 180 persone, uomini, donne e famiglie con minori, si trovano ad affrontare le difficoltà quotidiane senza la protezione e l’assistenza a cui avrebbero diritto.
La situazione non è un fenomeno recente.
Fin dal 2022, Trieste ha assistito a ripetute e sistematiche falle nel meccanismo di accoglienza, con conseguenze devastanti per chi cerca rifugio.
Sebbene si siano verificate fasi di apparente miglioramento, come nel periodo tra giugno 2024 e l’inizio del 2025, caratterizzate da trasferimenti bi-settimanali verso altre località, l’azzeramento delle risorse e l’abbandono di queste pratiche hanno precipitato la situazione in una nuova, ancora più critica fase.
La riduzione dei trasferimenti a una sola volta alla settimana, con un numero di persone limitato (attorno alle 35-40), ha acuito il problema, lasciando in strada individui e nuclei familiari particolarmente vulnerabili.
La fragilità di queste persone è ulteriormente aggravata dalla lentezza dei processi burocratici e dall’assenza di misure alternative, anche temporanee, da parte della Prefettura.
La mancanza di un intervento strutturale e mirato, che tenga conto delle specifiche esigenze di chi cerca protezione, ha creato un vuoto assistenziale con ripercussioni immediate sulla loro dignità e sicurezza.
Le cifre, in continua evoluzione, parlano di un quadro allarmante: 173 uomini singoli, 2 donne sole e 4 nuclei familiari con bambini privi di assistenza, con un incremento costante delle persone considerate vulnerabili.
Questo scenario, che si ripete ininterrottamente da quattro anni, va ben oltre una semplice gestione di un flusso migratorio: si tratta di una vera e propria crisi umanitaria, che impone un cambio di rotta nelle politiche e nell’impegno delle istituzioni.
La richiesta delle associazioni è chiara: non si tratta più di tamponare la situazione con interventi sporadici, ma di implementare un sistema di accoglienza efficiente, inclusivo e rispettoso dei diritti fondamentali di ogni individuo, garantendo un percorso di integrazione e protezione che vada oltre la mera sopravvivenza.
La dignità umana non può essere sacrificata sull’altare di scelte politiche miope e di una gestione emergenziale che si rivela incapace di rispondere alle reali necessità di chi cerca un futuro sicuro e protetto.
È imperativo un atto di responsabilità e umanità per restituire a questi individui la speranza in un futuro migliore.