Il dibattito sull’istituzione della Zona Economica Speciale (Zes) che abbracci Umbria e Marche si configura come un crocevia di accuse, giustificazioni e, soprattutto, una profonda riflessione sulla responsabilità politica e la gestione del patrimonio regionale.
Le recenti dichiarazioni del Presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli, durante la presentazione della lista di Noi Moderati, hanno acceso ulteriormente le tensioni, smontando con fermezza l’affermazione secondo cui la Zes necessitasse di un decreto legge per la sua finanziamento.
Questa retorica, acuita dalle critiche sollevate in merito all’annuncio del disegno di legge presentato dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, rivela una narrazione complessa, intrisa di rimpianti e accuse reciproche.
La Zes, da anni rivendicata da governi e territori, non rappresenta una mera iniziativa governativa, ma l’apice di una perseveranza che ha dovuto confrontarsi con ostacoli istituzionali e politici.
Acquaroli ha focalizzato l’attenzione sulla responsabilità di figure chiave che hanno occupato posizioni di potere a livello europeo durante gli anni precedenti all’attuale governo.
La nomina di commissari italiani a Bruxelles, spesso influenzata da dinamiche politiche, ha giocato un ruolo determinante nel determinare l’esito delle richieste di Zes, e la composizione politica di tali figure solleva interrogativi sulla coerenza delle decisioni prese.
L’attuale apertura, con l’apporto di figure come Raffaele Fitto e il Ministro Andrea Foti, testimonia un cambio di paradigma che, secondo il Presidente, non dovrebbe essere ostacolato da considerazioni di opportunità elettorali.
Il Partito Democratico, secondo Acquaroli, si pone in una posizione paradossale, criticando una Zes che, a suo dire, non sarebbe finanziata, mentre è accusato di essere corresponsabile di scelte che hanno depauperato il tessuto economico marchigiano.
Si fa riferimento al fallimento di Banca Marche e alla perdita di asset industriali cruciali, eventi che hanno lasciato un segno profondo nel tessuto socio-economico regionale.
La narrazione si configura come un tentativo di responsabilizzare chi, in passato, ha gestito il potere, accusandoli di aver lasciato in eredità un quadro economico fragile e di aver scaricato le responsabilità sui cittadini.
Le parole di Acquaroli trascendono la semplice polemica politica: rappresentano un appello alla responsabilità, un invito a superare le divisioni partitiche per perseguire un obiettivo comune, ovvero la ripresa economica e la valorizzazione del territorio.
L’affermazione finale – “Se la colpa nostra è quella di aver portato questi risultati, incolpateci” – assume un significato quasi liberatorio, sottolineando la determinazione a difendere il futuro delle Marche, anche a costo di assumersi la responsabilità delle scelte compiute per rimediare agli errori del passato.
Si tratta di un messaggio chiaro: la Zes non è solo una questione economica, ma un simbolo di riscatto e di speranza per un territorio che ha subito troppo.