Nuovi elementi cruciali emergono dalle indagini sulla tragica scomparsa di Liliana Resinovich, gettando luce sulla complessità del caso e ribaltando alcune interpretazioni iniziali.
L’analisi scientifica condotta dal Gabinetto Interregionale del Triveneto di Polizia Scientifica di Padova ha rivelato che l’impronta tessile rinvenuta su uno dei sacchi neri che avvolgevano il corpo della donna non corrisponde a quella di un guanto, ma è direttamente riconducibile alla trama dei jeans indossati dalla vittima stessa.
Questa scoperta, resa pubblica dal *Il Piccolo*, inficia la teoria di un intervento esterno e solleva interrogativi significativi sulla dinamica dei fatti.
Il Giudice per le Indagini Preliminari (Gip) Luigi Dainotti, rigettando la richiesta di archiviazione, aveva sollecitato un confronto dettagliato tra l’impronta tessile sul sacco e i guanti utilizzati dalle forze dell’ordine durante le indagini, nel tentativo di accertare l’eventuale presenza di terzi coinvolti.
La discrepanza riscontrata tra le due tracce ha innescato un esperimento scientifico volto a replicare le condizioni ambientali e le caratteristiche dei sacchi utilizzati, impiegando i jeans della vittima e adesivi istantanei per simulare impronte tessili.
La comparazione ha confermato l’incompatibilità tra l’impronta sul sacco e quella dei guanti, rafforzando l’ipotesi che la trama riscontrata appartenga all’abbigliamento della stessa Liliana Resinovich.
Parallelamente, si sono protratte le verifiche relative alla GoPro installata sulla bicicletta di Sebastiano Visintin, marito della vittima e unico indagato nel caso.
L’analisi del Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica della Polizia Postale del Friuli Venezia Giulia ha confermato la coerenza tra le coordinate GPS di inizio dei video, che costituiscono un elemento chiave dell’alibi fornito da Visintin, e le immagini riprese dalla videocamera.
Gli orari dei file video, inoltre, trovano riscontro sia nelle dichiarazioni del marito sia nella meticolosa ricostruzione effettuata dalla Squadra Mobile, apparentemente corroborando la versione fornita dall’uomo.
Tuttavia, la nuova evidenza sull’impronta tessile, lungi dal semplificare le indagini, introduce elementi di forte complessità.
La presenza della trama dei jeans della vittima su uno dei sacchi solleva interrogativi sulla sequenza degli eventi e sul ruolo di Liliana Resinovich nell’impacchettamento del proprio corpo.
Rimane da chiarire come e perché la trama dei jeans sia finita sul sacco, e se ciò possa essere risultato di un’azione involontaria, deliberata o indotta.
L’analisi scientifica, seppur cruciale, non fornisce risposte definitive e lascia aperta la questione della responsabilità e della dinamica che ha portato alla tragica morte di Liliana Resinovich, mantenendo alta l’attenzione sulle prossime fasi delle indagini.