La diocesi di Genova è scossa da una profonda spaccatura interna, una frattura che si manifesta in un acceso confronto tra una parte del presbiterio e l’arcivescovo, monsignor Marco Tasca, e il suo staff dirigenziale.
L’emergenza non è nuova, ma si intensifica con la presa di posizione esplicita di don Paolo Farinella, sacerdote che rompe il silenzio, esponendo pubblicamente le sue preoccupazioni e quelle di numerosi confratelli.
Le accuse mosse da don Farinella sono di natura grave e riguardano presunte manipolazioni amministrative e coercizioni esercitate dall’arcivescovo e dai suoi collaboratori più stretti, in particolare dal Vicario Generale Marco Doldi e dal Cancelliere Michele De Santi.
Il sacerdote denuncia una strategia volta a consolidare il potere ecclesiastico attraverso la creazione di “fraternità di parrocchie” di dimensioni eccessive e geograficamente sconnesse, un processo che, a suo dire, ignora le reali esigenze delle comunità locali e il consenso dei sacerdoti coinvolti.
La critica non si limita alla mera gestione territoriale.
Don Farinella evidenzia un clima di intimidazione, dove presunte minacce di destituzione e trasferimenti forzati vengono utilizzate per costringere i sacerdoti ad accettare decisioni imposte dall’alto.
Il sacerdote pone l’interrogativo se l’imposizione di dimissioni sia una pratica sistematicamente applicata, sollevando dubbi sulla legittimità e l’eticità di tali azioni.
La dinamica descritta getta luce su una crescente tensione tra l’autorità vescovile e il presbiterio, rivelando un malessere diffuso tra i sacerdoti, percepiti come “succubi e paurosi” a causa della pressione esercitata.
Don Farinella lancia un appello al coraggio, esortando i sacerdoti a opporsi con forza a quelle che definisce “azioni illecite, illegittime e invalidi”, potenzialmente passibili di sanzioni canoniche, fino alla rimozione dall’incarico.
La vicenda trascende la semplice disputa amministrativa, configurandosi come una crisi di fiducia nelle istituzioni ecclesiastiche e nell’esercizio del potere.
La questione solleva interrogativi fondamentali sulla partecipazione dei sacerdoti alle decisioni che riguardano la vita della diocesi, sulla trasparenza dei processi decisionali e sulla tutela della libertà di coscienza dei presbiteri.
La presa di posizione di don Farinella, sebbene rischiosa, rappresenta un tentativo di riaffermare il ruolo attivo del presbiterio nel processo di discernimento pastorale e di salvaguardare l’autenticità della missione evangelica nella diocesi di Genova.
Il futuro della diocesi dipenderà dalla capacità di affrontare apertamente queste criticità, promuovendo un dialogo costruttivo e un rinnovato impegno per la comunione e la collaborazione.