L’Onda di Calore Sociale: Disparità Termiche e Vulnerabilità nelle Periferie di NapoliUn’analisi recente di Legambiente ha svelato un quadro preoccupante: le periferie napoletane di Vicaria, Secondigliano, Ponticelli, Poggioreale, San Giovanni a Teduccio e Scampia si configurano come veri e propri “focolai” di calore, con temperature al suolo estive medie che raggiungono e superano i 46°C in alcune aree, e picchi inaccettabili in zone industriali e logistiche.
Questo fenomeno, lungi dall’essere un’anomalia isolata, si rivela una manifestazione tangibile della crisi climatica in atto, con implicazioni profonde per la salute pubblica e l’equità sociale.
Le temperature misurate, ottenute attraverso l’analisi di immagini satellitari Landsat 8 e 9 e riferite alle medie degli ultimi dieci anni, non rappresentano i valori dell’aria, ma la temperatura effettiva del suolo, che esprime in modo più vivido l’intensità dell’ondata di calore percepita dalla popolazione.
Questa differenza è cruciale per comprendere la reale portata del disagio termico.
L’origine di questa “isola di calore urbana” è multifattoriale.
L’intensa urbanizzazione, con una preponderanza di superfici artificiali come asfalto e cemento, la scarsa presenza di aree verdi e la densità abitativa accentuano l’assorbimento del calore solare, impedendone la dissipazione.
Il risultato è una spirale di surriscaldamento che colpisce in modo sproporzionato le aree più marginali della città.
Contrariamente a questo scenario, quartieri come Posillipo, Camaldoli, Capodimonte e i Colli Aminei, grazie alla loro elevazione, alla presenza di boschi e alla maggiore ventilazione, mantengono temperature significativamente più basse, con medie inferiori ai 37,5°C.
La collina dei Camaldoli, in particolare, si configura come un potenziale “rifugio termico”, un’oasi di frescura in un contesto urbano sempre più torrido.
Tuttavia, il quadro emergente non è solo climatico, ma anche socio-economico.
L’analisi rivela una correlazione allarmante tra le temperature più elevate e il reddito medio dei residenti.
I quartieri di Secondigliano, Scampia e San Giovanni a Teduccio, tra i più colpiti dal caldo, presentano redditi medi inferiori ai 19.000 euro annui, mentre aree più fresche come Posillipo, Chiaia e San Ferdinando registrano redditi superiori ai 48.000 euro annui.
Questa disomogeneità non è casuale, ma riflette una profonda “ingiustizia climatica”: le fasce più vulnerabili della popolazione, quelle con minori risorse per adattarsi agli effetti del cambiamento climatico, sono anche quelle più esposte ai suoi impatti negativi.
La combinazione di calore estremo, scarsa qualità ambientale e condizioni socio-economiche precarie crea un circolo vizioso che mina la salute e il benessere delle comunità più svantaggiate.
Il fenomeno non si esaurisce in un mero dato statistico, ma si traduce in un aumento dei costi sanitari, una diminuzione della produttività e un peggioramento della qualità della vita per milioni di persone.
Come sottolinea Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania, “la crisi climatica non è più una previsione futura, ma una realtà presente e urgente”.
Affrontare questa sfida richiede un approccio integrato che combini interventi di mitigazione (riduzione delle emissioni di gas serra) e di adattamento (protezione delle comunità vulnerabili).
È necessario ripensare la struttura urbana, promuovendo la creazione di aree verdi, l’impermeabilizzazione selettiva del suolo, l’adozione di materiali da costruzione a bassa riflettività e la realizzazione di infrastrutture resilienti.
Parallelamente, è fondamentale implementare politiche sociali mirate a sostenere le famiglie a basso reddito, garantendo l’accesso a servizi essenziali come l’assistenza sanitaria, l’acqua potabile e l’energia a prezzi accessibili.
La resilienza urbana non è solo una questione tecnica, ma un imperativo etico che richiede un impegno collettivo per costruire un futuro più equo e sostenibile per tutti.