29 aprile 2024 – 16:12
La recente polemica riguardante la presunta costruzione mediatica attorno alla donna che intendeva abortire presso un ospedale di Aosta, costretta ad ascoltare il battito cardiaco del feto da presunti volontari pro-vita, si è rivelata essere una montatura orchestrata dalle associazioni abortiste per screditare il lavoro delle organizzazioni di sostegno alla maternità. Queste ultime svolgono un ruolo fondamentale nell’aiutare migliaia di donne a trovare alternative all’aborto, conformemente a quanto previsto dalla Legge 194.Il presidente di Pro Vita e Famiglia onlus, Antonio Brandi, ha sottolineato che l’Ausl di Aosta ha confermato l’assenza di volontari pro-vita nei consultori e negli ospedali, smontando così le accuse mosse contro di loro. Ascoltare il battito cardiaco del nascituro non rappresenta affatto una pratica medica discutibile, ma piuttosto una procedura clinica normale finalizzata a valutare lo stato di gravidanza nel rispetto della deontologia medica e per garantire il consenso informato della paziente.Brandi ha inoltre evidenziato che la vera prassi medica crudele è rappresentata dall’aborto stesso, che priva della vita un essere umano indifeso e innocente. Ogni donna che si trova nella difficile situazione di dover prendere in considerazione l’aborto dovrebbe avere il diritto di essere informata pienamente sulla vita che porta in grembo, compreso l’ascolto del battito cardiaco del proprio bambino. Questa richiesta è stata sottoscritta da oltre centomila firmatari della proposta di legge ‘Un Cuore che Batte’, promossa da Pro Vita e Famiglia insieme ad altri soggetti.