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Occhiuto si dimette: un atto di denuncia per la Calabria.

Nell’aula del Consiglio Regionale calabrese, il Presidente Roberto Occhiuto ha tracciato un quadro complesso e malinconico delle ragioni che lo hanno indotto a presentare le dimissioni, in una dichiarazione densa di implicazioni istituzionali e personali.
La sua scelta, lungi dall’essere una resa al peso delle circostanze, si configura come una profonda riflessione sulla tenuta del sistema politico regionale e sulla possibilità di un governo efficace in un contesto segnato da un’incessante scrutinio giudiziario.
Il gesto di aver invocato la questione di fiducia, un atto senza precedenti nella storia del regionalismo calabrese, è stato interpretato da alcuni come un atto di arroganza.

Occhiuto ha respinto questa lettura, affermando che l’intento non era quello di esercitare un potere autoritario, bensì di imprimere una direzione decisa e determinata alla macchina amministrativa, libera da indecisioni e compromessi che ne avrebbero minato l’efficacia.
La necessità di un comando forte, capace di superare le inerzie e le resistenze, si è presentata come una condizione imprescindibile per la realizzazione del progetto di cambiamento che egli perseguiva.

La vicenda giudiziaria personale, inevitabilmente intrecciata con il suo operato di governo, ha rappresentato un elemento di profonda sofferenza.
L’atmosfera creata dalle indagini, amplificata dalla diffusione incontrollata di notizie spesso distorte e tendenziose, ha reso insostenibile la prosecuzione del suo mandato.

La continua esposizione mediatica, la sospensione di fatto del giudizio dell’opinione pubblica, hanno intaccato la possibilità stessa di una gestione amministrativa razionale e tempestiva, paralizzando di fatto la capacità di risposta alle urgenti necessità della regione.
L’amarezza è palpabile nel suo interrogativo retorico: “Si può governare così?”.

Riguardo all’accusa di aver addebitato le dimissioni a motivazioni politiche, il Presidente ha voluto chiarire che la sua scelta non è stata dettata da considerazioni egoistiche o dalla paura di un arresto del processo di modernizzazione.
Piuttosto, ha denunciato un meccanismo perverso, radicato nel tessuto politico calabrese, per cui le inchieste giudiziarie vengono strumentalizzate come arma di lotta politica, sostituendo il confronto elettorale con un giudizio extragiudiziale.

Questo fenomeno, secondo Occhiuto, ha soffocato ogni speranza di un cambiamento duraturo, ripetendo un copione negativo che si è consumato per decenni.
Chi sperava di sfruttare le indagini per indebolire i propri avversari, si è rivelato come il vero ostacolo al progresso.
La sua decisione, dunque, non è una resa, ma un atto di denuncia e, forse, un tentativo di liberare la regione da un circolo vizioso che ne impedisce lo sviluppo.

Un atto che, implicitamente, solleva interrogativi profondi sulla salute del sistema politico calabrese e sulla sua capacità di garantire un governo stabile e orientato al bene comune.
Il futuro della regione, ora, si apre con incertezze, ma con la speranza che la denuncia di Occhiuto possa contribuire a un cambiamento radicale.

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