La recente sentenza della Corte d’Appello di Roma ridefinisce un precedente legale significativo, riconoscendo a un ex carabiniere lo status di vittima del dovere in un’operazione complessa e rischiosa.
L’uomo, in servizio il 4 giugno 2014, subì un violentissimo impatto automobilistico mentre si dirigeva prontamente verso un’area teatro di segnalazioni di colpi d’arma da fuoco, un episodio che lo ha lasciato con lesioni gravissime, inclusi un trauma cranico, fratture multiple alla colonna cervicale e al bacino, e una compromissione permanente della sua salute.
La decisione della Corte d’Appello, in aperto contrasto con il precedente giudizio di primo grado che lo aveva classificato come un mero “autista”, sottolinea l’importanza di una valutazione più attenta del ruolo e delle responsabilità operative dei militari impegnati in attività di contrasto alla criminalità organizzata.
La sentenza non si limita a riconoscere la gravità delle lesioni subite, ma ne evidenzia il nesso causale con l’attività istituzionale svolta, attività intrinsecamente legata alla protezione dell’ordine pubblico e alla sicurezza dei cittadini.
L’operazione in corso, spiega la Corte, rientra pienamente nell’ambito delle funzioni di polizia e non richiede un livello di rischio eccezionale rispetto a quello normalmente connesso al servizio.
L’accoglimento del ricorso da parte della Corte d’Appello comporta per l’ex militare, oggi in congedo, un risarcimento economico di circa 400.000 euro per i periodi precedenti e l’erogazione di una pensione mensile di 2.300 euro, benefici derivanti dal riconoscimento formale del suo status di vittima del dovere.
L’amarezza per la lunga e faticosa battaglia legale, durata anni, traspare dalle sue dichiarazioni.
L’ex carabiniere ha espresso il suo rammarico per aver dovuto adoperarsi così a lungo per ottenere giustizia, un diritto che riteneva scontato dedicando la sua vita al servizio dello Stato con assoluta lealtà e professionalità.
La vittoria legale non è percepita solo come un successo personale, ma come un omaggio e un tributo a tutti i commilitoni caduti nell’adempimento del loro dovere, un monito costante sull’importanza di tutelare e valorizzare il personale delle forze dell’ordine, spesso esposto a rischi elevati in prima linea nella difesa della legalità.
La sentenza, inoltre, pone l’accento sulla necessità di un’interpretazione più ampia e sensibile delle definizioni giuridiche relative al servizio attivo e ai relativi rischi, garantendo una tutela adeguata a coloro che, con abnegazione e coraggio, operano per la sicurezza della collettività.