Il personaggio di Giuda Iscariota, figura archetipica dell’ambiguità morale e del conflitto interiore, emerge dalla letteratura, dal cinema e dalle arti come un prisma di interpretazioni contrastanti: traditore o vittima? strumento di un disegno divino o ingranaggio di un destino ineluttabile? Il film “Il Vangelo di Giuda”, firmato dal regista Giulio Base, si propone di sondare le profondità di questa psiche tormentata, offrendo uno sguardo inedito e potenzialmente destabilizzante sul ruolo di Giuda nel dramma della Passione.
La scelta di Base non è quella di una biografia fedele, ma di una rilettura audace che attinge liberamente dai testi evangelici, intrecciandoli con elementi di finzione cinematografica.
La narrazione si risolve in un’esperienza immersiva: l’assenza di un volto definito per il protagonista adulto, la prevalenza delle riprese in soggettiva, creano un ponte diretto nella coscienza di Giuda, escludendolo paradossalmente dal dialogo.
La lingua, l’aramaico, viene ridotta al minimo, un ulteriore fattore di isolamento e di alienazione.
L’origine del personaggio è ricostruita in un contesto sociale degradato, quello di un bordello, un ambiente che plasma la sua infanzia e lo segna profondamente.
La violenza, l’abuso, lo spingono a compiere un atto omicida nell’infanzia, un evento che lo definisce e lo accompagna nel corso della sua vita.
L’evoluzione del personaggio lo porta a diventare lui stesso gestore del bordello, un ruolo che contrasta nettamente con la scelta di seguire Gesù.
L’attesa di una trasformazione radicale, di una rivelazione che possa giustificare le sue scelte, si scontra con una realtà complessa e spesso incomprensibile, alimentando il suo senso di frustrazione e la sua disillusione.
“In Giuda ci siamo tutti noi”, afferma Base, evidenziando come il personaggio incarni le fragilità e le contraddizioni dell’umanità.
Il tradimento non è solo un atto di infamia, ma anche una forma di auto-inganno, un errore di giudizio, una rinuncia ai propri ideali.
È il tradimento di sé stessi, la consapevolezza di aver intrapreso un percorso sbagliato.
L’impegno di Base con “Il Vangelo di Giuda” si inserisce in un momento cruciale della sua carriera, mentre si confronta con le responsabilità del ruolo di direttore artistico del Torino Film Festival, un incarico che lo ha visto protagonista di polemiche legate alla gestione del budget e alla nomina della moglie, Tiziana Rocca, a consulente.
La sua risposta pragmatica e quasi derisoria alle critiche suggerisce una certa distanza emotiva, una capacità di analizzare le dinamiche del potere e dell’opinione pubblica con lucidità e disincanto.
Il film, lungi dall’essere una semplice opera di finzione, si configura come un’esplorazione profonda della condizione umana, un invito a interrogare le nostre certezze e a confrontarci con le zone d’ombra del nostro essere.