Il peso del passato grava sulle giovani spalle dei quarantadue ragazzi ucraini – tra i quindici e i diciassette anni, con l’aggiunta di due bambini di nove anni e nove accompagnatori – accolti al Centro Fernandes di Castel Volturno.
Il loro arrivo, orchestrato dalla Caritas e dalla Cei, rappresenta un’emergenza umanitaria, una strappata alla quotidianità dilaniata dal conflitto che infuria nelle regioni orientali dell’Ucraina, aree da anni sotto occupazione russa.
Questi giovani, ormai espatriati nella propria terra, portano con sé un carico di traumi e sofferenze che trascendono l’età e la comprensibilità.
Le loro storie non sono semplici narrazioni di dolore, ma frammenti di un mosaico complesso di perdite, costrizioni e ingiustizie.
Uno di loro, sedicenne, si ritrova a incarnare l’assurdità della guerra: dopo aver visto il padre mutilato, reso incapace di lavorare, è stato costretto, sotto coercizione militare, a servire l’esercito invasore.
La liberazione, giunta fortunatamente, lo ha restituito alla possibilità di un futuro, un futuro che oggi simboleggia con la consegna di una mostrina, reliquia di quel periodo buio, al cardinale Zuppi.
Ludmilla, un’accompagnatrice del gruppo, è un esempio ancora più eclatante della resilienza umana.
Tre anni di prigionia nelle carceri russe, un calvario costellato di torture e violenze inaudite, non l’hanno annientata.
Al contrario, l’hanno spinta a dedicarsi alla costruzione di ponti di pace, offrendo conforto e guida ai più giovani, testimoniando con la sua stessa esistenza la possibilità di superare l’orrore.
L’indossare la maglietta con la scritta “Kids at Home”, unita alla consegna di bandiere con lo stesso messaggio, trascende la specifica situazione ucraina: è un appello universale, un’invocazione alla protezione dell’infanzia, un gesto di solidarietà che si estende ai bambini di Gaza, vittime di una sofferenza simile.
Padre Marian Lemchuk, custode spirituale di questi giovani, descrive l’impatto di questo primo viaggio in Italia come “inimmaginabile”, un’opportunità di respiro e di ricostruzione.
Andriy Pasternak, rappresentante dell’Ucraina, si commuove di fronte alla semplicità di una vita normale per i suoi ragazzi, un lusso negato per troppo tempo.
Anche il direttore del Fernandes Casale esprime il suo profondo sentimento di gratitudine, riconoscendo che sono i giovani ucraini ad aver infuso speranza e gioia in una comunità intera.
Suor Paola Germanò, direttrice della Caritas di Capua, racconta un percorso segnato da un senso di debito: aver ricevuto la richiesta di accoglienza è stata una risposta a un sentimento di colpa.
Aver potuto riprendersi da una grave malattia, mentre il suo popolo soffriva, l’aveva profondamente turbata.
L’accoglienza di questi ragazzi rappresenta un atto di espiazione, un tentativo di restituire un po’ della speranza che a lei è stata negata per così tanto tempo.
Il loro arrivo è un faro di umanità in un mondo segnato da conflitti e sofferenze, un promemoria costante della fragilità della vita e della forza infinita dello spirito umano.