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Toro meccanico made in Brescia: l’eccellenza italiana a rischio

L’immagine di un toro meccanico, icona del rodeo americano, che si rivela frutto di un’eccellenza italiana, quasi surreale, cela una realtà industriale complessa e fragile.

Dietro le giostre che animano parchi divertimento in tutto il mondo, si annida una filiera specializzata, un microcosmo di artigianato di precisione concentrato nella provincia di Brescia, affacciata sulle acque del Lago di Garda.
M.
Art Technology, l’azienda leader a livello globale nel settore, è solo la punta di un ecosistema di imprese costruttrici di attrazioni che rappresenta un esempio emblematico della capacità italiana di innovazione e produzione di beni di lusso tecnologicamente avanzati.
Queste “bull riding machine”, come vengono tecnicamente definite, non sono semplici repliche di un’esperienza agreste americana.

Sono il risultato di un know-how ingegneristico e meccanico sofisticato, frutto di decenni di esperienza e perfezionamento.

La qualità dei materiali, la cura dei dettagli, la sicurezza dei sistemi di controllo e la capacità di personalizzazione sono elementi che distinguono il prodotto italiano da quello della concorrenza, rendendolo ricercato e apprezzato a livello internazionale.

L’export, in particolare verso gli Stati Uniti, ha rappresentato per anni un motore di crescita cruciale per questo settore.

La possibilità di accedere al mercato americano senza barriere tariffarie ha consentito alle aziende italiane di consolidare la propria leadership e di investire in ricerca e sviluppo.

L’annuncio di possibili dazi imposti dall’amministrazione Trump getta però un’ombra di incertezza sul futuro, minacciando di compromettere anni di lavoro e di investimento.

L’imprenditrice Erika Tessarolo, anima e voce di M.

Art Technology, incarna la preoccupazione e la frustrazione di un intero settore che fatica a farsi riconoscere e sostenere.

La sua testimonianza mette in luce una problematica più ampia: la mancanza di visibilità e di supporto istituzionale per una filiera produttiva di nicchia, spesso ignorata dalle statistiche e dalle politiche industriali.
La sua azienda ha già dimostrato una notevole resilienza, superando la crisi del mercato russo, un tempo cruciale per l’export, grazie alla superiorità qualitativa e alla rigorosa conformità alle normative di sicurezza.
Tuttavia, la dipendenza da mercati esteri instabili, come quello arabo, e la minaccia di nuove barriere commerciali rendono la situazione estremamente precaria.
La situazione non è solo economica.
Riflette un vuoto di riconoscimento del valore di queste imprese, che rappresentano un patrimonio di competenze e di innovazione che rischia di essere disperso.
La mancanza di un codice Ateco specifico, che definisca formalmente il settore, preclude l’accesso a fondi e a misure di sostegno pubblico, lasciando le aziende in una condizione di vulnerabilità.

Il rischio è quello di assistere a una progressiva erosione del know-how, alla perdita di posti di lavoro e alla desertificazione del territorio.
La sfida per il futuro è quella di promuovere la consapevolezza dell’importanza strategica di questa filiera, di garantire un quadro normativo stabile e di offrire strumenti di sostegno adeguati, per preservare un’eccellenza italiana che, altrimenti, rischia di scomparire.

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