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Ponte Morandi: il peso del silenzio e la richiesta di giustizia.

Il peso del silenzio si fa sentire ancora oggi, a distanza di anni, mentre la comunità si confronta con il trauma del crollo del ponte Morandi.

Un evento che ha lacerato il tessuto sociale, strappando alla vita persone con storie, speranze e sogni interrotti bruscamente.

Alberto Basso, sindaco di Arquata Scrivia, riafferma con forza l’urgenza di una giustizia compiuta, che vada oltre le dinamiche procedurali, al di là della scure della prescrizione che minaccia di cancellare la memoria delle vittime e l’aspettativa di verità.

Il 13 agosto 2018 rimane impresso nella memoria collettiva come un giorno di lutto e di dolore indicibile.
Un giorno che ha privato Arquata Scrivia, e l’intera nazione, di vite preziose.

Tra queste, Alessandro Robotti e Giovanna Bottaro, una coppia che aveva scelto Arquata come luogo del cuore, per poi trasferirsi a Serravalle Scrivia, portando con sé il ricordo affettuoso degli abitanti.
La loro perdita, insieme a quella della loro amata Minnie, il cane, incarna la fragilità dell’esistenza e la crudezza di un destino avverso.
Il dolore si fa ancora più acuto quando si considera che la tragedia è il risultato di un fallimento, di una serie di omissioni e negligenze che hanno portato a un disastro evitabile.

Come sottolinea il sindaco, “a pagare è sempre chi non ha alcuna colpa”, un’affermazione che esprime la profonda ingiustizia di una situazione in cui la responsabilità è spesso diluita e le conseguenze ricadono su chi era indifeso.
La sorella di Giovanna, Valentina, ha condiviso sui social media un’immagine toccante della coppia, un gesto che testimonia il legame indissolubile tra i familiari e l’incolmabile vuoto lasciato dalla perdita.
Ma il dolore non si limita alle famiglie dirette.
Marta Danisi, l’infermiera di 29 anni originaria di Sant’Agata di Militello, Messina, che aveva dedicato il suo impegno professionale all’azienda ospedaliera di Alessandria, è un’altra vittima il cui ricordo continua a vivere nei cuori dei colleghi e dei pazienti.

Il suo destino, intrecciato a quello del fidanzato Alberto Fanfani, aggiunge un ulteriore strato di commozione a questa tragedia.
La vicenda del ponte Morandi solleva interrogativi profondi sulla sicurezza delle infrastrutture, sulla responsabilità delle istituzioni e sulla necessità di una cultura della prevenzione che metta al centro la tutela della vita umana.
Non è sufficiente accertare le cause del crollo: è fondamentale che si faccia luce sulle dinamiche che hanno portato a una situazione di pericolo, e che si adottino misure concrete per evitare che tragedie simili si ripetano in futuro.

La giustizia, in questo contesto, non è solo una questione di punizione, ma anche di risarcimento, di riparazione, di memoria.
È un imperativo morale che impone di onorare la memoria delle vittime e di garantire che il loro sacrificio non sia stato vano.
La speranza è che la verità emerga completamente, e che la giustizia, finalmente, possa lenire, anche solo in parte, il dolore di chi ha perso i propri cari.

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