venerdì 12 Settembre 2025
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Skipper pescarese libero: dopo 5 anni di ingiustizia e sofferenza.

Il ritorno a casa, un abbraccio di terraferma dopo un incubo di anni: Carlo D’Attanasio, lo skipper pescarese ingiustamente accusato di traffico internazionale di stupefacenti, è rientrato in Italia dopo una detenzione prolungata nella Papua Nuova Guinea.
L’assoluzione, giunta dalla Corte d’Appello locale, ha sancito la sua innocenza, un verdetto che lo ha liberato non solo dalla prigione fisica, ma anche da un’ombra che lo aveva avvolto per troppo tempo.

L’atterraggio all’aeroporto di Fiumicino, poco dopo le otto, ha segnato l’inizio di una nuova fase, un capitolo destinato alla riabilitazione e alla ricostruzione.

Accompagnato da un team medico, essenziale per mitigare gli effetti di un viaggio lungo e stressante, D’Attanasio è stato accolto dal suo avvocato, Mario Antinucci, figura chiave nella battaglia legale che ha portato all’agognata libertà.

La fragilità fisica, acuita da una grave patologia oncologica al quarto stadio, contrasta con la forza d’animo che ha permesso a D’Attanasio di sopravvivere a un’esperienza traumatica.
La sua testimonianza, tra le lacrime e la voce incrinata, ha rivelato un percorso di sofferenza che lo ha portato sull’orlo del precipizio, tanto da tentare, in un momento di disperazione, di porre fine alla sua vita.

“Ce l’ho fatta,” ha esclamato, con un misto di sollievo e gratitudine, “alla fine ho ottenuto giustizia”.
Il racconto del suo periodo di detenzione è un denso velo di privazioni e solitudine.
Senza accesso a cure mediche adeguate, D’Attanasio ha dovuto fare affidamento su trattamenti sperimentali, una necessità impellente per contrastare l’aggravarsi della sua condizione fisica.

La malattia, più che la prigionia, ha rappresentato la sfida più ardua, erodendo le sue energie e mettendo a dura prova la sua resilienza.

La sua forza mentale, tuttavia, si è dimostrata un baluardo contro la disperazione.
L’avvocato Antinucci ha sottolineato l’importanza dell’assoluzione “con formula piena”, che esclude qualsiasi responsabilità a carico di D’Attanasio.
Questa sentenza, unita alla immediata liberazione, attesta la piena riabilitazione e la totale assenza di elementi che possano inficiare la sua reputazione.

Cinque anni di esistenza rubati, un prezzo eccessivo da pagare per un’accusa infondata.
La generosità d’animo di Carlo D’Attanasio emerge anche nel suo atteggiamento verso coloro che, durante il suo calvario, hanno contribuito a perpetuare la sua ingiustizia.

Lungi dall’alimentare risentimenti, ha espresso un’incredibile comprensione, dimostrando una profonda umanità.
Il suo ritorno rappresenta non solo una vittoria personale, ma anche un monito sull’importanza della giustizia, della compassione e della capacità di perdonare, anche quando si è stati vittime di un’ingiusta accusa.

Il percorso di guarigione, sia fisica che emotiva, è appena iniziato, ma il ritorno a casa è il primo, fondamentale passo verso la ricostruzione di una vita interrotta.

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