Nel cuore pulsante di Aqaba, città gioiello sulla punta meridionale della Giordania, si è consumata una suggestiva collisione di culture, un dialogo silenzioso tra due mondi che si sono incontrati e intrecciati attraverso i secoli.
In una piccola trattoria, un anonimo angolo di autenticità lontano dai circuiti turistici, Giuseppe Colasanto, funzionario europeo in missione tra Giordania e Libano, ha ritrovato un sapore dimenticato, un eco lontano della sua infanzia: il fegato alla veneziana.
Non una ricetta fedele alla tradizione lagunare, ma una sua evoluzione, un ibrido affascinante che racconta storie di commerci, migrazioni e scambi culturali.
L’aria profumava di spezie esotiche, pane appena sfornato e la vivace conversazione dei venditori creava un’atmosfera vibrante, tipica dei retroporti orientali.
La preparazione, osservata direttamente in cucina, rivelava elementi inaspettati.
Invece del fegato di vitello, tradizionale nella ricetta veneziana, si utilizzava quello di pollo, escludendo categoricamente l’uso di carne di maiale, un dettaglio significativo che riflette le norme alimentari locali.
A coronare questo connubio, un tocco inaspettato: l’aggiunta succosa del melograno, un frutto simbolo del Mediterraneo orientale, che conferiva al piatto una nota agrodolce inattesa.
La storia del fegato alla veneziana, come quella di molte altre tradizioni culinarie, è una storia complessa, un puzzle di influenze e adattamenti.
Venezia, con la sua posizione strategica nel cuore del Mediterraneo, ha sempre rappresentato un punto di convergenza tra Oriente e Occidente.
La città lagunare, infatti, possiede un nome arabo, *al-Medina-al-Bunduqiya*, “la Città dei fucili”, una testimonianza tangibile dei legami commerciali e culturali che legavano la Serenissima al mondo islamico.
È ragionevole chiedersi se la ricetta veneziana sia nata in Laguna o sia invece una rielaborazione di un piatto levantino importato secoli fa dai commercianti che solcavano le rotte marittime.
La cucina, come le lingue, è un potente veicolo di scambio culturale.
I marinai, in particolare, hanno sempre svolto un ruolo fondamentale nel trasporto di sapori, ingredienti e tecniche di preparazione da una parte all’altra del mondo.
La piccola trattoria di Aqaba, incastonata in un dedalo di vicoli, è un microcosmo di questa complessa rete di influenze.
L’esperienza di Colasanto, che si è addentrato in cucina per osservare la preparazione del piatto, è la metafora perfetta di questa ricerca di radici, di questa voglia di comprendere le origini di un sapore familiare.
Aqaba, con la sua posizione cruciale affacciata sul Mar Rosso, ha visto susseguirsi imperi e culture.
È qui che ebbe inizio la rivolta beduina contro il dominio ottomano, guidata da un giovane tenente inglese che sarebbe diventato il leggendario Lawrence d’Arabia.
Oggi, la città continua a svolgere un ruolo strategico, con le sue coste che si affacciano sulle sabbie dell’Arabia Saudita e sulle acque di Israele ed Egitto.
E proprio in questo crocevia di mondi, in questa piccola trattoria anonima, un piatto semplice come il fegato alla veneziana è diventato un simbolo di connessione, un ponte tra due culture che, pur distanti geograficamente, sono profondamente legate da una storia comune, una storia fatta di profumi, sapori e ricordi.