giovedì 21 Agosto 2025
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Turismo in crisi: l’estate 2024 rivela una tempesta nascosta.

L’estate 2024, contrassegnata da un’apparente quiete sulle coste italiane – da Rimini a Gallipoli, dalla Versilia alla costiera sorrentina – rivela una crisi sistemica che va ben oltre l’immagine superficiale di spiagge meno affollate.
Questa apparente calma è il presagio di una tempesta che investe l’intero ecosistema del turismo italiano, una filiera complessa che abbraccia non solo stabilimenti balneari, ma anche alberghi, ristorazione, trasporti e una miriade di attività terziarie.
I dati quantitativi dipingono un quadro allarmante.
A luglio, le affluenze in spiaggia hanno subito un crollo significativo, con diminuzioni che in alcune aree hanno superato il 30% rispetto al mese precedente.

L’attesa ondata di presenze di agosto, motore storico del fatturato estivo, si è rivelata un’illusione, lasciando dietro di sé un reticolo di conseguenze a catena: camere d’albergo invendute, cancellazioni last minute che annullano intere settimane di programmazione, riduzioni della durata dei soggiorni e ristoranti che lottano per riempire i tavoli, soprattutto nei giorni feriali.

L’evoluzione delle abitudini di viaggio contribuisce a questa situazione.
Si assiste a un abbandono graduale delle vacanze lunghe e pianificate, sostituite da brevi fughe impulsive, concentrate nei fine settimana o rimandate ai mesi di spalla (maggio, giugno, settembre).

Sebbene questa tendenza possa teoricamente favorire la destagionalizzazione, essa destabilizza i modelli economici consolidati, costringendo le imprese a gestire costi fissi elevati con ricavi incerti e imprevedibili.
La radice del problema, tuttavia, affonda in dinamiche socio-economiche più ampie.

L’impennata dei prezzi dell’energia, dei beni alimentari e delle utenze domestiche sta erodendo il potere d’acquisto delle famiglie italiane, rendendo la vacanza, un tempo diritto acquisito, un lusso sempre meno accessibile.
Si stima che milioni di italiani rinuncino quest’anno interamente alle ferie, mentre chi decide di viaggiare lo fa con una restrizione significativa della spesa, penalizzando ulteriormente la qualità dell’offerta.

A questa pressione interna si aggiunge un contesto competitivo globale sfavorevole.
L’aliquota IVA del 22% applicata ai servizi turistici in Italia rappresenta un onere proibitivo rispetto alle tariffe praticate in molti Paesi del bacino del Mediterraneo, erodendo la competitività.

Parallelamente, i costi del lavoro, tra i più elevati d’Europa, limitano la capacità di investimento in innovazione, miglioramento dei servizi e ammodernamento delle infrastrutture.
Fenailp Turismo, consapevole della complessità della situazione, invita a superare la logica delle accuse reciproche e a concentrarsi sulle cause strutturali.

L’associazione chiede un intervento immediato e mirato: riduzione dell’IVA sui servizi turistici per armonizzarla agli standard europei, sgravi contributivi per sostenere l’occupazione e incentivare la qualità, misure concrete per promuovere la destagionalizzazione e, soprattutto, politiche di sostegno al reddito delle famiglie per rilanciare la domanda interna.

“Non possiamo ridurre il valore del turismo al costo di un ombrellone o di un piatto di pasta,” sottolinea Marco Sansiviero, Presidente Nazionale di Fenailp Turismo.

“Dietro quei prezzi si celano le difficoltà di imprese che devono far fronte a costi crescenti: bollette, tasse, costo del lavoro, materie prime.

In molte località, la stagione utile per recuperare gli investimenti dura appena poche settimane.

Se non agiamo con decisione, perderemo competitività e posti di lavoro.

Il turismo non è un capriccio, ma un pilastro dell’economia nazionale, un motore che deve essere messo nelle condizioni di ripartire con forza e sostenibilità.
” È imperativo riconoscere il turismo non come un settore marginale, ma come un ecosistema complesso e vitale per il futuro dell’Italia.

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