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Sfratto al Leoncavallo: un capitolo chiuso, un’eredità da salvare.

L’esecuzione forzata dell’ordine di sfratto nei confronti del centro sociale Leoncavallo, cuore pulsante della scena culturale milanese, segna una tappa controversa in una vicenda giudiziaria protrattasi per anni.
L’azione, condotta congiuntamente dalle forze dell’ordine e dall’ufficiale giudiziario, chiude un capitolo complesso che intreccia questioni di diritto, occupazione abusiva, diritto alla casa e memoria collettiva.

Il Leoncavallo, nato nel 1994 come occupazione di un ex complesso industriale in via Watteau, ha rappresentato per decenni un laboratorio di espressione artistica, politica e sociale, ospitando eventi, concerti, mostre, laboratori e progetti di autogestione.

La sua presenza, tuttavia, si è configurata come una condizione di illegittimità, generando una lunga e tormentata battaglia legale con i proprietari dell’area, la famiglia Cabassi.

Il rinvio dello sfratto, avvenuto in ben cento occasioni, testimonia la delicatezza e la complessità della situazione, alimentata da una forte mobilitazione popolare e da un profondo senso di appartenenza da parte della comunità che gravitava attorno al centro sociale.
Questa prolungata incertezza ha portato, peraltro, ad una condanna del Ministero dell’Interno a risarcire i Cabassi con una somma considerevole, pari a tre milioni di euro, proprio in ragione del mancato adempimento dell’obbligo di esecuzione dello sfratto.
Nel tentativo di trovare una soluzione che potesse preservare, almeno in parte, l’eredità culturale del Leoncavallo, l’associazione “Mamme del Leoncavallo” aveva proposto al Comune una manifestazione d’interesse per un immobile situato in via San Dionigi.

Questa iniziativa mirava a individuare una nuova sede per il centro sociale, offrendo una prospettiva di continuità, seppur in un contesto diverso e con nuove limitazioni.

La proposta, tuttavia, non ha portato a una risoluzione definitiva del problema, culminando con l’odierna esecuzione dello sfratto.
L’evento solleva interrogativi cruciali sul ruolo delle istituzioni nel bilanciare diritti contrapposti: il diritto di proprietà e il diritto all’espressione culturale e all’autodeterminazione.

La vicenda del Leoncavallo non è solo un caso di sfratto, ma un simbolo delle tensioni sociali e culturali che attraversano la città di Milano e del Paese, e la necessità di trovare soluzioni innovative e inclusive per garantire l’accesso alla cultura e alla partecipazione democratica, al di là delle logiche di mercato e delle rigidità normative.
La sua eredità, un patrimonio di relazioni sociali, creatività e impegno civico, resta un punto di riferimento per il futuro, auspicabilmente in un contesto che ne riconosca il valore intrinseco e la necessità di preservazione.

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