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Messner e il lupo: tra tutela e polemiche alpine.

Le recenti dichiarazioni di Reinhold Messner, figura iconica dell’alpinismo e profondo conoscitore delle dinamiche montane, hanno suscitato un’ondata di reazioni contrastanti, in particolare da parte delle associazioni animaliste, tra cui spicca la LNDC – Lega Nazionale per la Difesa dei Cani e degli Animali.
L’affermazione di Messner, che identifica il lupo come uno dei principali fattori di problematicità per l’ambiente alpino, arrivando a suggerire misure drastiche come l’abbattimento o la sterilizzazione, è stata percepita come un’incongruenza rispetto alla sua immagine pubblica di amante e protettore della montagna.
L’apparente contraddizione risiede nel fatto che un uomo che ha dedicato la propria vita all’esplorazione e alla celebrazione delle vette, che ne ha compiuto un’analisi minuziosa e che ne ha incarnato lo spirito, propone di eliminare o limitare una specie apicale, un elemento cardine dell’equilibrio ecologico alpino.

Il lupo non è un intruso, un elemento estraneo da eradicare, bensì un componente intrinseco e vitale dell’ecosistema montano, con un ruolo cruciale nella regolazione delle popolazioni di ungulati e, conseguentemente, nella salute della vegetazione e nella diversità biologica.
Presentarlo come una “minaccia” è una semplificazione pericolosa e una distorsione della realtà, che ignora la complessità delle interazioni ecologiche.

Contrariamente alla narrazione pessimistica avanzata, la coesistenza tra uomo e lupo non è un’utopia irrealizzabile, ma una possibilità concreta e in molti casi già sperimentata con successo in diverse aree d’Italia.

L’impiego di tecniche di prevenzione, come recinzioni elettrificate per proteggere il bestiame, l’utilizzo di cani da guardiania, e la rapida erogazione di indennizzi per i danni subiti dagli allevatori, dimostrano che è possibile conciliare la tutela del bestiame con la conservazione del lupo.
Queste soluzioni, basate su un approccio proattivo e collaborativo, permettono di ridurre i conflitti e di garantire la sostenibilità delle attività agricole in montagna.

L’ambivalenza delle parole di Messner emerge anche nella sua affermazione sull’apparente necessità di un intervento umano per preservare i paesaggi alpini incontaminati.
Dichiararsi ammiratore della bellezza selvaggia delle montagne, per poi sostenere che senza l’azione dell’uomo questi luoghi sarebbero destinati al degrado, rivela una visione antropocentrica che sottovaluta la resilienza e l’autonomia degli ecosistemi naturali.

La natura, se lasciata a sé, possiede meccanismi di autoregolazione sofisticati e capaci di garantire la stabilità ambientale.
La priorità dovrebbe essere quella di minimizzare l’impatto delle attività umane e di favorire un modello di sviluppo che rispetti i ritmi e le dinamiche degli ecosistemi montani.

In definitiva, la questione non è tanto quella di “proteggere” la montagna dall’uomo, ma di ridefinire il ruolo dell’uomo all’interno di essa, passando da un atteggiamento di dominio e controllo a un approccio di convivenza e rispetto.

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