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Bocciata e poi ripescata: trauma e dolore in una scuola napoletana

La vicenda che emerge da Napoli, in un istituto comprensivo di Fuorigrotta, solleva interrogativi profondi sulla gestione dell’inclusione scolastica e sulla responsabilità educativa nei confronti di bambini con fragilità complesse.

Si tratta di una storia che intreccia aspetti legali, psicologici ed etici, mettendo a nudo le tensioni tra il rigore burocratico e la necessità di un approccio pedagogico individualizzato e compassionevole.

La bambina, affetta da depressione conseguente a esperienze di abbandono e con un ritardo cognitivo prestazionale, è stata ripetuta in prima elementare, una decisione immediatamente contestata dai genitori attraverso un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR).

La sospensiva ottenuta dal TAR, un atto che testimonia la gravità percepita della situazione, ha imposto una riflessione urgente da parte dell’istituto, che ha successivamente invertito la decisione, ammettendo la bambina.

Tuttavia, il trauma subito e il deterioramento del rapporto di fiducia con la scuola hanno reso inevitabile il trasferimento in un altro istituto a partire dal mese di settembre.

La decisione iniziale della bocciatura, giudicata intrinsecamente contraddittoria dal TAR, evidenzia una carenza nell’approccio educativo e nella capacità di interpretare le specifiche esigenze della minore.
La sentenza del TAR ha rimarcato l’assenza di piani di apprendimento individualizzati, un requisito fondamentale per bambini con difficoltà di apprendimento e disturbi emotivi.

L’obbligo di rivalutare la decisione entro una data precisa, imposto dal TAR, riflette la sensibilità verso un caso che, in assenza di un’adeguata gestione, rischiava di compromettere ulteriormente il benessere psicologico della bambina.

La successiva retromarcia, frutto di una seduta straordinaria del consiglio di interclasse convocata in fretta e furia, testimonia una presa di coscienza tardiva, ma comunque significativa.
La dirigente scolastica, pur riconoscendo la “dolorosissima” natura della decisione precedente e attribuendola a motivazioni di natura burocratica e alla mancanza di risorse dedicate, ha implicitamente ammesso un errore di valutazione.

L’ammissione della bambina in seconda elementare, seppur in ritardo, non cancella il profondo disagio subito dalla famiglia.
La testimonianza dei genitori, riportata dal Mattino, è carica di dolore e di amarezza.

La perdita di fiducia nella dirigente scolastica, in particolare, ha reso insostenibile la prosecuzione del percorso educativo nell’istituto di Fuorigrotta.
La denuncia della mamma, che descrive un anno intero in cui la figlia è stata “messa in un angolo e dimenticata”, è un grido di dolore che solleva interrogativi sulla capacità del sistema scolastico di accogliere e supportare bambini con fragilità complesse.

Questa vicenda non è un caso isolato, ma riflette una problematica più ampia legata alla difficoltà di conciliare il rigore burocratico con l’imperativo dell’inclusione scolastica.
Richiede una riflessione più ampia sul ruolo della scuola, sulla formazione dei docenti e sulla necessità di risorse adeguate per garantire un percorso educativo personalizzato e supportivo per tutti i bambini, indipendentemente dalle loro difficoltà.
Il trasferimento in un nuovo istituto rappresenta una speranza di un nuovo inizio, ma non cancella le cicatrici di un’esperienza dolorosa che evidenzia le criticità di un sistema scolastico ancora troppo orientato alla conformità e troppo poco attento alla diversità e alla sofferenza dei suoi studenti.

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