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Infortunio sul lavoro: precarietà e lacune nella sicurezza

Un nuovo, drammatico episodio ha sollevato il velo su una realtà strutturale nel mondo del lavoro italiano: un infortunio sul lavoro, occorso ad una lavoratrice precaria, evidenzia le lacune e le responsabilità condivise tra agenzie per il lavoro e aziende utilizzatrici.
La giovane, impiegata in un’azienda metalmeccanica operante nel settore automotive nella provincia di Teramo, ha subito gravi lesioni ad un dito della mano durante l’utilizzo di una macchina spazzolatrice.

L’episodio, denunciato dalla Fiom Cgil di Abruzzo e Molise, non è un caso isolato, bensì il sintomo di un sistema che sacrifica la sicurezza e la formazione adeguata sull’altare della produttività a breve termine.
La lavoratrice, in forza da pochi mesi con un contratto a termine, era stata sottoposta a una formazione meramente “sul campo”, una soluzione inadeguata che esponeva la giovane a rischi elevati e inaccettabili.
La complessità del quadro giuridico e contrattuale contribuisce a offuscare le responsabilità.

Formalmente, il datore di lavoro è l’agenzia per il lavoro che ha fornito la lavoratrice.
Tuttavia, la normativa vigente attribuisce all’azienda utilizzatrice – quella in cui la persona svolge effettivamente il lavoro – la responsabilità primaria della formazione in materia di salute e sicurezza.

Questo principio fondamentale, spesso ignorato, trasforma la formazione in un optional, piuttosto che in un diritto imprescindibile e, potenzialmente, un mezzo per prevenire tragedie.

La visione miope di molte aziende, che considerano la formazione un costo superfluo o un freno alla produzione, è profondamente errata e pericolosa.

Ignorare la necessità di una formazione adeguata significa non solo violare la legge, ma anche mettere a repentaglio la vita e l’integrità fisica dei lavoratori.

Questo atteggiamento, alimentato da logiche di profitto immediato e spesso rafforzato dalla pressione delle aziende utilizzatrici, crea un circolo vizioso in cui la sicurezza diventa un elemento trascurabile.
Le agenzie per il lavoro, in questo contesto, rivestono un ruolo controverso.

Spesso, agiscono come meri intermediari, sensibili alle richieste delle aziende clienti e poco inclini a esercitare controlli stringenti sulla sicurezza.
La paura di perdere il “cliente” – l’azienda che utilizza i loro servizi – le spinge a un’acquiescenza pericolosa, con conseguenze dirette sulla salute e il benessere dei lavoratori.

Questo sistema di dipendenza economica, dove il profitto prevale sulla sicurezza, contribuisce a perpetuare un modello di lavoro precario e rischioso.
L’incidente non è solo un problema di responsabilità individuale o di gestione aziendale: è un problema sistemico che richiede un ripensamento radicale delle politiche del lavoro, un rafforzamento dei controlli, una maggiore consapevolezza dei rischi e una cultura della sicurezza diffusa in tutti i livelli della catena produttiva.

È necessario che le istituzioni, le parti sociali e le imprese collaborino per garantire che ogni lavoratore, indipendentemente dal tipo di contratto o dalla sua posizione nella gerarchia aziendale, abbia diritto a una formazione adeguata, a un ambiente di lavoro sicuro e a una tutela efficace in caso di infortunio.
Solo così si potrà spezzare la spirale della precarietà e della pericolosità che ancora affligge troppo spesso il mondo del lavoro italiano.

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