venerdì 22 Agosto 2025
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Bolzano, donata statua simbolo di fede e riconciliazione

Un gesto di profonda memoria e spirituale riconciliazione ha recentemente arricchito il patrimonio storico e religioso di Bolzano: la consegna, da parte del novantacinquenne Josef Maas, di una statua raffigurante la Madonna con il Bambino al vescovo Ivo Muser.

L’opera, custodita per oltre sessant’anni, non è un semplice oggetto devozionale, ma un potente simbolo della resilienza e della fede di un gruppo di detenuti sudtirolesi imprigionati nel carcere di San Vittore, a Milano, nel convulso periodo degli anni ’60.

Josef Maas, figura chiave nella pastorale dei cattolici di lingua tedesca nell’Italia settentrionale tra il 1958 e il 1968, ha ricevuto la statua in dono dagli esponenti del Comitato di Liberazione dell’Alto Adige (Bas), uomini coinvolti negli eventi della “Notte dei fuochi” del giugno 1961 e successivamente giudicati nei processi di Milano.
Questi eventi, segnati da attentati incendiari e dalla complessità delle tensioni irredentiste, avevano lasciato un segno profondo nella regione e nelle vite di coloro che furono coinvolti.
Il racconto di Maas, durante la cerimonia di consegna, ha offerto uno sguardo intimo di quegli anni difficili.
Un episodio particolarmente significativo, evocato dal sacerdote, riguarda la richiesta di Sepp Kerschbaumer, uno dei detenuti, di poter aprire gli spioncini delle celle.
Questa semplice azione, apparentemente banale, si trasformò in un atto di profonda comunione e speranza.

Ogni sera, alle 18, i detenuti si univano in un rosario cantato ad alta voce dalle proprie celle.

Questo rituale, pur nella sua forma semplice, rappresentava un momento di conforto, di forza condivisa e un inatteso legame spirituale in un ambiente di profonda privazione.

La recita del rosario, a distanza, tra le celle, superava le barriere fisiche e la disperazione, tessendo un filo di solidarietà e fede.

La statua, per i detenuti, incarnava un faro di speranza in un contesto di grave difficoltà e incertezza.

La decisione di Maas di restituire l’opera nella sua terra d’origine, l’Alto Adige, testimonia un profondo senso di appartenenza e un desiderio di sanare le ferite del passato.
Accompagnando la statua, Maas ha anche donato un frammento di una preziosa casula sacerdotale appartenuta al cardinale Niccolò Cusano, vescovo di Bressanone nel XV secolo, un ulteriore collegamento con la storia religiosa e culturale della regione.
Questo gesto, ricco di significato, offre un’opportunità di riflessione sulla resilienza umana, la forza della fede e l’importanza della memoria come strumento di riconciliazione e di costruzione di un futuro condiviso.
La statua, ora custodita a Bolzano, è un monito silenzioso, un invito a non dimenticare e a lavorare per un’Italia più giusta e inclusiva.

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